Leggi e razionalità limitata
Siamo abituati a pensare che non esista problema della vita quotidiana che non possa essere risolto con l’intervento del legislatore. Tale convinzione si basa su una premessa. Le norme impongono regole di condotta e, pertanto, orientano i comportamenti delle persone. Modificando e conformando tali comportamenti si possono raggiungere gli obiettivi considerati desiderabili e, quindi, si possono risolvere i più disparati problemi.
Ad esempio: introducendo la «patente a punti» ovvero un meccanismo di incentivi e disincentivi («ti premio se rispetti il codice della strada e ti punisco in caso contrario»), si è pensato di rendere più virtuosa la guida degli autoveicoli. Introducendo l’obbligo vaccinale contro dieci tipi di malattie ci si è proposti di incrementare il numero di bambini vaccinati cosi da raggiungere la «immunità di gregge».
Il modello funzionerebbe a meraviglia se avessimo la prova che le persone reagiscano in maniera razionale alle indicazioni poste dalle norme; ovvero che si adeguino ad obblighi e divieti o, ancora, si facciano guidare da incentivi e disincentivi. Le cose però non stanno così. Ad esempio sappiamo che ad un inasprimento delle pene difficilmente consegue una riduzione dei reati.
La realtà è molto più complessa del paradigma cui siamo abituati a pensare. E di tale complessità si è accorto lo stesso legislatore. Nella recente Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2018 (con la quale si disciplinano le modalità utili ad analizzare l’impatto di ogni nuova legge prima che la stessa venga emanata), si legge testualmente: «Le persone ricorrono frequentemente a regole euristiche che consentono di semplificare i processi decisionali e di effettuare le proprie scelte non solo risparmiando tempo, ma anche riducendo le informazioni necessarie. Ciò, tuttavia, può determinare errori cognitivi e scelte che, in ultima analisi, riducono il benessere».
In altre parole anche il legislatore si è accorto dell’esistenza della cosiddetta «razionalità limitata». Le decisioni sono processi di scelta (anche come reagire ad una norma è una decisione). L’impostazione classica ritiene che le scelte degli individui siano sempre razionali, ovvero che i processi decisionali siano consequenziali e basati sulle preferenze. Gli studi sui processi decisionali reali (da Simon in poi) hanno dimostrato che le persone affrontano i problemi e decidono in modo differente: non tutte le alternative sono note; non tutte le conseguenze vengono prese in considerazione; non tutte le preferenze vengono evocate contemporaneamente.
L’idea di scelta razionale è entrata in crisi ed è stata elaborata la nozione di «razionalità limitata». Le persone, anche quando cercano di essere razionali, sono vincolate da capacità cognitive limitate e informazioni incomplete. La stessa Direttiva del 16 febbraio 2018 fornisce un piccolo elenco di fenomeni che caratterizzano il nostro modo di pensare propiziando decisioni distorte se non del tutto irrazionali:
– le decisioni dipendono in modo spesso determinante dall’esperienza passata, dai suggerimenti di amici e parenti, nonché da notizie particolarmente impressionanti, anche se non statisticamente significative;
– le informazioni semplici e ricorrenti hanno generalmente un peso maggiore nelle scelte individuali rispetto a informazioni più complesse (anche se più corrette) da ottenere o da elaborare;
– uno dei più potenti pregiudizi cognitivi (o bias) è quello dell’ancoraggio, secondo cui le valutazioni degli individui sono fortemente condizionate da eventuali informazioni o valori di partenza che vengono loro suggeriti o sono comunque disponibili;
– gli individui sono generalmente molto avversi alle perdite e valutano le proprie scelte sulla base di un orizzonte temporale spesso ridotto (c.d. loss aversion).
In televisione vediamo spesso personaggi politici affermare di essere in grado di risolvere qualunque problema semplicemente approvando la legge che essi hanno in mente. Ma legiferare è molto complesso e non di rado produce effetti opposti a quelli voluti. A tacere del fatto che la «razionalità limitata» caratterizza certamente i normali cittadini ma anche i politici e i legislatori.