L’intelligenza artificiale a scuola

Nei giorni in cui comincia il nuovo anno scolastico, giungono notizie che impongono serie riflessioni.

Il Ministro dell’istruzione della Corea del Sud, Lee Ju-ho, sostiene di voler introdurre nelle scuole di quel paese (per studenti dagli 8 anni in su) tablet e libri di testo basati sull’intelligenza artificiale. Egli ha affermato: «Dobbiamo sfruttare i libri di testo generati dall’intelligenza artificiale per aiutare gli insegnanti a trasformare le loro lezioni». A propria volta funzionari del Ministero coreano hanno detto: «I tablet saranno personalizzabili in modo che “studenti veloci” e “studenti lenti” possano essere valutati dal software e assegnati a diversi compiti generati dall’IA con diversi livelli di complessità…. I libri di testo e l’intelligenza artificiale consentiranno agli insegnanti di valutare il livello di studio e il ritmo di ogni studente in base ai loro dati e fornire un’istruzione su misura per ciascuno di essi» (cfr. Financial Times dello scorso 20 agosto).

Da settembre 2024, il David Game College di Londra sperimenterà un programma di studio alternativo per studenti GCSE (General Certificate of Secondary Education), il primo del suo genere nel Regno Unito, con tutte le materie principali insegnate interamente da piattaforme di apprendimento adattivo basate sull’intelligenza artificiale. Gli studenti iscritti al programma non avranno insegnanti bensì “coach di apprendimento” dedicati che monitoreranno attentamente i loro progressi, fornendo feedback, guida e tutoraggio (pdf).

Gli esempi potrebbero continuare.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella formazione primaria e secondaria non è un tema nuovissimo. Da qualche anno l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) conduce studi e organizza seminari dedicati all’argomento. Nel 2019 si è tenuta a Pechino una conferenza internazionale nell’ambito della quale è stato approvato un documento contenente le linee guida sull’uso dell’intelligenza artificiale nella formazione. L’Unesco ha poi pubblicato delle linee guida sulle skills che insegnanti e studenti devono possedere per governare l’uso dell’intelligenza artificiale a scuola.

Insomma, siamo di fronte ad una ennesima sfida.

Taluni sostengono che il nuovo scenario migliorerà l’istruzione. L’apprendimento “personalizzato” è, in generale, visto positivamente e queste tecnologie sembrano favorire proprio quel tipo di apprendimento.

Altri esprimono forti perplessità. I professori Williamson (Università di Edimburgo), Molnar e Boninger (Università del Colorado) sostengono che non ci sarà alcun miglioramento: (i) se l’integrazione dell’IA nella pedagogia delle scuole degraderà il rapporto tra insegnanti e studenti; (ii) se l’intelligenza artificiale imporrà modelli di istruzione rigidi e meccanicistici, corrompendo i curricula con disinformazione e “bias” in ordine alle decisioni circa il rendimento degli studenti; (iii) se l’integrazione dell’AI nei processi amministrativi e formativi delle scuole significherà rimettere questi ultimi alle esigenze delle industrie che producono i costosi software di intelligenza artificiale con il risultato ulteriore di dirottare i finanziamenti verso dette industrie riducendo i fondi che le scuole possono spendere per le loro diverse finalità; (iv) se l’intelligenza artificiale aggraverà le violazioni della privacy degli studenti, aumenterà la sorveglianza e ridurrà ulteriormente la trasparenza e responsabilità delle decisioni educative.

Qualche considerazione finale.

I. C’è sempre molta confusione quando si utilizza la locuzione “intelligenza artificiale”. Nelle esperienze richiamate con AI si fa riferimento a cose diverse: dai “chatbot di tutoraggio”, basati su ampi modelli linguistici, che promettono di personalizzare e automatizzare l’insegnamento alle “piattaforme di apprendimento adattivo”, che utilizzano grandi quantità di dati degli studenti per fare previsioni, personalizzare le risorse e le attività della classe e automaticamente intervenire nei processi pedagogici. Una maggiore chiarezza sul fenomeno è una premessa ineludibile quando si parla del tema.

II. In Europa non siamo all’anno zero dal punto di vista normativo. Il regolamento (UE) 2024/1689 sull’intelligenza artificiale protegge dagli usi più deteriori dell’intelligenza artificiale proprio al fine di evitare che essa si trasformi, ad esempio, in un intollerabile strumento di sorveglianza.

III. Il rischio reale non è l’apocalisse, ma che strumenti opachi e non testati (spacciati dai venditori per grandi innovazioni) vengano piano piano introdotti nei processi scolastici di routine in mancanza di progettazioni e sviluppi ponderati e responsabili.

IV. Gli insegnanti avranno un ruolo cruciale. Quando il lockdown impose la didattica a distanza molti di loro rimasero impermeabili al nuovo mezzo disinteressandosene. Qui la posta in gioco è diversa e più alta. Gli insegnanti dovranno concorrere a progettare questi strumenti per renderli davvero utili. L’alternativa è che essi siano realizzati unicamente da grandi imprese tecnologiche multinazionali seguendo proprie logiche spesso insensibili al distillato migliore delle teorie pedagogiche.

 

l’Adige 12 settembre 2024

Alto Adige 14 settembre 2024

 

 

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