Sulla parete posteriore di alcuni degli autobus adibiti al trasporto pubblico nel comune di Trento, è affisso un pannello commissionato dalla sezione trentina dell’Ipasvi (Federazione nazionale collegi infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d’infanzia). In esso campeggia una frase stampata con grandi caratteri: «Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a: insegnarti, ascoltarti, sostenerti». Tale promessa riprende alcuni dei contenuti del «Patto tra cittadino e infermiere» che, sin dal 1996, costituisce la base degli obblighi deontologici di questi operatori. E infatti, nel pannello, alcuni infermieri al lavoro sono ritratti insieme a mani che si stringono a simboleggiare un’alleanza.
La scelta di porre l’attività di ascolto al centro del ritratto è molto significativa. Si tratta infatti di un’attività alla base di tutte le professioni di aiuto: infermieri, medici, insegnanti, avvocati e così via. Simili figure devono saper costruire le relazioni con le persone che si rivolgono a loro, relazioni che sono innanzi tutto di natura fiduciaria: l’ascolto è lo strumento principale per propiziare tale obiettivo. Non è un’impresa facile perché richiede impegno: ci si deve sforzare di capire il messaggio lanciato dal proprio interlocutore; bisogna dirigere la propria attenzione verso l’altro per entrare pienamente nel suo sistema di riferimento. Perché solo così è possibile intendere, capire, percepire, cogliere, afferrare.
Con l’espressione «ascolto attivo», in particolare, si suole individuare la capacità di andare ben oltre la registrazione passiva di informazioni per stabilire un rapporto empatico con l’interlocutore, cercando di metterlo a proprio agio al fine di comprendere tutti gli aspetti comunicativi, compresi quelli emozionali e non verbali, senza essere giudicanti. Sarebbe un errore, però, pensare che tale disponibilità giovi solo a chi chiede di essere considerato. Non a caso, nel celebre testo intitolato «L’arte di saper ascoltare», Plutarco sosteneva: «Un buon ascolto è un punto di partenza per vivere bene».
Le relazioni umane non sono mai unidirezionali. Chi sa ascoltare misura il suo modo di essere nelle parole dell’altro, comprende l’importanza dei punti di vista diversi dal proprio, percepisce l’esistenza di altri mondi possibili. Chi è incapace di farlo, invece, di regola è «autocentrato» ed è chiuso al cambiamento: in una parola, rinuncia per principio a migliorare se stesso ma anche le proprie azioni concrete.
Corriere del Trentino, 25 luglio 2017