Quest’anno il premio Nobel per l’economia è stato assegnato a Richard Thaler, noto per i suoi studi in materia di economia comportamentale. In particolare il suo nome è legato al concetto di “spinta gentile” (nudge-pungolo) che egli ha spiegato in un libro scritto circa 10 anni fa con Cass Sunstein e pubblicato in Italia da Feltrinelli.
Il punto di partenza è che abbiamo due sistemi cognitivi diversi: un sistema riflessivo razionale e un sistema intuitivo automatico (la distinzione è stata tracciata da un altro premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman del quale si può leggere il libro “Pensieri lenti e veloci” pubblicato negli Oscar Mondadori).
La stragrande maggioranza delle decisioni non le prendiamo attraverso il sistema razionale, ma affidandoci all’impulso del sistema intuitivo. Questo comporta una conseguenza: sbagliamo in maniera sistematica. Di seguito un piccolo inventario di errori:
– decidiamo seguendo scorciatoie mentali (cosiddette euristiche);
– abbiamo una fiducia eccessiva nelle nostre capacità;
– siamo più sensibili alle perdite che ai guadagni;
– tendiamo a perpetuare lo status quo;
– siamo sensibili a come i problemi vengono presentati (le persone si sentono rassicurate se gli si dice, in caso di intervento chirurgico, “il 90% sopravvive” e non “il 10% muore”, anche se il contenuto informativo non cambia);
– siamo esposti alle tentazioni perché non abbiamo molto autocontrollo (si pensi a chi deve dimagrire ma continua a mangiare a dismisura);
– siamo portati a fare quello che fanno gli altri (per questo nella pubblicità si sentono frasi come “il pannolino più usato nei reparti maternità” oppure “la cucina più amata dagli italiani”).
Per effetto di questi meccanismi mentali prendiamo molte decisioni che vanno contro i nostri stessi interessi: il fumo, lo scarso interesse per i piani previdenziali, gli errori negli investimenti e così via.
Thaler propone di ricorrere alla “spinta gentile”: occorre immaginare una “architettura delle scelte” attraverso la quale, pur lasciando assolutamente libere le persone di decidere come meglio credono, si adottano degli accorgimenti per spingere gentilmente le persone a fare la scelta più consona ai propri interessi. Questo approccio viene definito “paternalismo libertario”.
I pungoli (nudge) servono soprattutto quando bisogna fare scelte complesse: anche perché non è vero che il possesso di molte informazioni porta ad una scelta più consapevole. Spesso la sovrainformazione ci porta a fare scelte errate o a non fare nulla per paura di sbagliare.
Di seguito alcuni esempi di “spinte gentili”:
– siccome le persone scelgono di regola le opzioni che richiedono il minimo sforzo, nel ventaglio delle scelte occorre assumere come regola di default (che scatta se non si fa nulla) quella che tuteli l’interesse delle persone. Rispetto ai piani previdenziali, ad esempio, se non si decide nulla dovrebbe scattare una iscrizione automatica ad un determinato piano di base;
– siccome sbagliamo, occorre mettere in conto l’errore. Si pensi alla casse automatiche per il pagamento del pedaggio autostradale: anziché chiedere che il bancomat venga inserito in un determinato modo, si può progettare l’aggeggio in modo che funzioni in qualunque modo venga inserita la tesserina. Questo comporterebbe un risparmio di tempo per tutti. Altro esempio: è preferibile progettare farmaci che devono essere assunti una volta tutti i giorni che non farmaci che vanno assunti tre volte al giorno o una volta alla settimana. Facendo leva sulla tendenza all’abitudine, il rituale di prendere la pillola una volta al giorno tutti i giorni riduce gli errori);
– conviene dare un feedback alle azioni che compiamo: sentire il click dopo che abbiamo scattato una foto, ci fa capire che la foto è stata effettivamente scattata;
– è bene aiutare le persone a capire come scegliere tra diverse opzioni (esempio: scegliere tra le offerte dei diversi gestori telefonici, per trovare quella davvero più conveniente);
– bisogna insegnare a strutturare le scelte complesse;
– infine, si può ricorrere ad incentivi per favorire determinati comportamenti.
Resta la domanda di fondo: è giusto influenzare le decisioni individuali?
La libertà di scelta è un valore indiscutibile. Ma è altrettanto certo che lasciati a noi stessi sbagliamo.
Il suggerimento è quello di usare i nostri stessi limiti cognitivi per prendere decisioni nel nostro interesse. In fondo quando i produttori di patatine fritte vendono il prodotto in confezioni giganti non fanno altro che usare il nostro scarso autocontrollo per spingerci a mangiare di più (guadagnandoci di più). Perché, allora, non può essere il pubblico potere a far leva sui nostri limiti per farci prendere le decisioni migliori?
Probabilmente è un altro modo per guardare all’annoso problema dell’intervento dello Stato nelle dinamiche economiche (26 novembre 2017).