Un ricordo personale di Enzo Rutigliano

DiGiovanni Pascuzzi

30 Giugno 2018

Un ricordo personale di Enzo Rutigliano

 

Oggi [30 giugno 2018], nell’Aula Kessler della Facoltà di Sociologia, famigliari, colleghi e tanti ex studenti hanno salutato il Prof. Enzo Rutigliano.

Come qualcuno ha sottolineato, è stato scelto un luogo significativo, che in qualche modo descrive una parabola umana prima ancora che scientifica.

Rutigliano giunse a Trento in pieno ’68 per iscriversi a Sociologia. Si laureò e intraprese la carriera accademica. Per decenni ha insegnato alla matricole la Storia del pensiero sociologico.

Nell’aula che lo vide studente e poi professore, Gli è stato dato l’ultimo commosso e partecipato saluto (l’aula era stracolma).

In molti sono intervenuti per ricordarne il pensiero scientifico, l’approccio didattico, il tratto umano.

Ho preso la parola anch’io. Per abbracciare Enzo. Per ricordare due episodi. Per ricordare un modello di Professore, che forse non esiste più. Possiamo solo sperare che il diverso modello che si sta imponendo sia ugualmente fecondo. Specie per gli studenti che verranno.

Ho pensato fosse giusto riportare qui le cose che ho detto.

 

Tanti sono gli episodi che potrei raccontare su Enzo Rutigliano, scomparso due giorni fa.

Mi limito a citarne due.

Il primo riguarda la sua direzione del periodico UniTn.

Sul finire del 2009 l’Ateneo decise di cessare la pubblicazione della edizione cartacea, per limitarsi a quella digitale. Riporto un “spillo” firmato da Enzo apparso sulla prima pagina del numero 107, di quel periodico:

 

Ai lettori

Questo numero di Unitn è l’ultimo nella forma cartacea. Dal prossimo ci trasferiremo sul web.

La crisi economica ci ha costretti a tagli. Alcuni particolarmente dolorosi, e questo lo è, almeno per noi.

Che il nostro mensile sparisca come oggetto che possa essere preso in mano, sfogliato, usato e letto, anche senza l’intenzione precisa di cercarlo, non è poco e non è senza significato. Tuttavia confidiamo che l’interesse che i lettori ci hanno finora mostrato li spinga a cercarlo e a leggerlo nella forma telematica…… Firmato: Enzo Rutigliano.

 

 

In quelle settimane egli mi chiamò al telefono e mi disse: “Vanni, ma come è possibile questo? Davvero non ci sono soldi per stampare questo giornale? Davvero bisogna risparmiare sulle briciole? Non si vuole capire che il giornale cartaceo è una cosa molto diversa da un bollettino web.”

Condividevo le sue domande. Condividevo soprattutto l’idea che un giornale cartaceo sia una cosa diversa da un bollettino web. Né peggiore, né migliore: diversa. Certamente meno “liquida”.

Infatti, qualche anno dopo, a dicembre 2013, il periodico UniTn cessò di esistere anche in forma online. Era nato nel 1998. Dodici anni su carta. Quattro in formato digitale. Poi sostituito da altre forme di comunicazione. A testimonianza della accelerazione che subiscono le iniziative di comunicazione. E dei continui cambiamenti cui sono sottoposte (certamente ad ogni cambio di leadership). Un segno dei tempi. Un segno del cambiamento dei tempi. Le cui parole d’ordine sono diventate: risparmio e innovazione.

Il secondo episodio è di un paio d’anni più tardi.

La riforma Gelmini ha imposto a tutte le Università di dotarsi di un codice etico. Nel 2012, come ProRettore Vicario, chiesi e ottenni che l’adozione di questo codice a Trento non fosse calata dall’alto, ma davvero fosse il distillato dei valori della nostra comunità universitaria. Così andai nei consigli di tutti i Dipartimenti a spiegare quanto previsto dalla legge e a chiedere a tutti di contribuire alla stesura del Codice etico.

Dopo qualche giorno dal mio intervento nel Consiglio di Sociologia ricevetti una sua chiamata: “Vanni, ma a che punto siamo arrivati. Adesso dobbiamo mettere nero su bianco i nostri valori? Come se non li conoscessimo? Come se non fossero l’essenza stessa del nostro essere professori? Come se non dovessimo saperli a memoria e agire rispettandoli e basta?”.

Gli raccontai degli scandali, dei plagi, dei nepotismi, che avevano portato ad introdurre quella norma della legge Gelmini. Gli raccontai che insieme ai professori a tempo definito e quelli a tempo pieno, c’è la categoria dei professori “a tempo perso”. Egli rise. Amaro. Gli raccontai dell’opportunità che la norma offriva di riflettere a voce alta sul nostro ruolo. Ma dentro di me gli davo nuovamente ragione. Le sue considerazioni erano ingenue e disarmanti allo stesso tempo. Le considerazioni di chi mai avrebbe potuto indulgere a comportamenti men che corretti.

I tempi cambiano. Le persone cambiano. A volte cose e persone semplicemente finiscono. Come è finita, purtroppo, la vita di Enzo.

I due episodi che ho raccontato fotografano, almeno in parte, il cambiamento dei tempi. Rispetto ad entrambi Enzo aveva manifestato il proprio disagio. Lui che, per formazione, era in grado di “leggere” i mutamenti profondi della società.

Nei cambiamenti che hanno interessato l’Università italiana Enzo ormai non si riconosceva più. Era un professore di altri tempi. Non, sia chiaro, il “barone”, che non esiste più da tempo. Il Professore che credeva nel lavoro intellettuale e formativo e che credeva nell’istituzione come espressione di una comunità di professori e studenti.

In questi giorni mi ha colpito leggere sui social network i tanti messaggi di affetto e riconoscenza tributati al Prof. Rutigliano.

Altri professori abitano questo tempo. Tempi che vedono l’Università associata a parole come “indicatori” e “performance” (ovvero alla cosiddetta “cultura della valutazione”). Tempi dove alla costruzione della comunità si sostituisce la rincorsa al proprio “grant” e alla propria “application”. Tempi che richiedono risultati veloci, e quindi negano il presupposto della riflessione. Tempi che pretendono innovazione che spesso è solo un eterno ritorno. Tempi dove si agisce così perché non si può fare altrimenti se non si vuole essere marginalizzati.

Chissà se i professori che abitano questo tempo lasceranno un segno nei propri studenti e nei propri colleghi  (ovvero: nella comunità universitaria) così come lo ha lasciato Enzo Rutigliano.

Trento, 30 giugno 2018

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