Tullio Ascarelli – I competenti

DiGiovanni Pascuzzi

12 Agosto 2018

Tullio Ascarelli (1903 – 1959) è stato uno dei più grandi giuristi italiani.

Figlio di genitori ebrei, professore ordinario a 27 anni, venne privato della cattedra a seguito delle emanazioni delle leggi razziali e visse in Brasile tra il 1941 e il 1946.

Nel 1923 pubblicò sulla rivista “Studi politici” (I, n. 1, gennaio 1923, p. 24), un articolo dal titolo “I competenti”.

L’articolo venne poi ripubblicato anche sulla rivista di Pietro Gobetti “La rivoluzione liberale (II, n. 12, 1° maggio 1923).

Lo riporto di seguito. Credo sia ancora attuale. (Qui un mio articolo sulla competenza in politica).

 

Tullio Ascarelli. I competenti (“La rivoluzione liberale” anno II, n. 12, 1° maggio 1923).

Si grida da tutti in Italia che ciò che ci fa bisogno è un Governo di competenti. Come, gridano tutti i nostri cittadini ben pensanti, si richiede una specifica preparazione per un qualunque veterinario e non la si richiede per un uomo di Stato? Come è mai possibile che uno stesso trono vada indifferentemente dal Dicastero della Guerra a quello della Giustizia, da quello dell’Agricoltura a quello del Tesoro? Come è possibile che un diplomatico possa andare alle Finanze, un filosofo alle colonie, un giurista agli Esteri? E’ questa, dicono i più fini politici, la vera causa del predominio della burocrazia, tanto più irresponsabilmente onnipotente per quanto maggiore è l’incompetenza del responsabile ministro; è questa, si dice, una delle cause della decadenza del Parlamento, assemblea di incompetenti, che opportunamente potrebbe venir sostituito da corpi tecnici.

Secondo molti la vera rivoluzione che dovrebbe compiersi in Italia dovrebbe consistere per l’appunto nel portare al Governo i competenti, anzi nel rendere sempre più competente l’intera classe dirigente, e la più grave accusa che molti muovono al Governo di Mussolini è quella di contare nel suo seno alcuni incompetenti.

Quando si pensi che questi competenti non possono poi essere che i burocrati dei vari Ministeri, o, nella migliore delle ipotesi, i membri delle numerose accademie, o gli avvocati dei produttori faccendieri, questo mito del Governo dei competenti non appare molto attraente. E’ davvero un po’ strana questa venerazione per i competenti proprio da parte di coloro che non hanno nessuna competenza, e che rifuggirono sempre dall’ acquistarsene una.

I competenti sono senza alcun dubbio, delle carissime persone che hanno il solo torto di sapere una gran quantità di cose che “The man in the street” non solo ignora ma seguiterà costantemente ad ignorare (non per nulla i più competenti tra i competenti sono quelli che hanno sempre pronta una buona dose di cifre onde addormentare l’incauto interlocutore), ma non qui sembra davvero che possano assolvere la funzione di uomini politici. L’esperienza della politica dell’impero tedesco dovrebbe insegnare qualche cosa in proposito.

I problemi politici non sono problemi tecnici ma problemi umani, per risolverli non è necessaria una speciale preparazione in quel campo che si usa chiamare tecnico, ma una esperienza politica intimamente vissuta. Il criterio politico e il criterio tecnico sono e devono essere distinti ed i nostri amici “competenti”, che impersonano il criterio tecnico sono perciò stesso i meno adatti a trattare di politica, direi quasi che sono tanto meno adatti per quanto più sono competenti. Ciò spiega perché un uomo di Stato possa essere egualmente grande a capo di uno od altro Dicastero; perché un’Assemblea di legislatori possa e debba essere una Assemblea di incompetenti; perché il suffragio universale, che pone la sorte della nazione in mano della massa che, incompetente, manda a rappresentarla dagli incompetenti, sia ancora il mezzo di governo più sanamente conservatore.

Ma dietro la venerazione dei competenti che fortunatamente rimarrà sempre allo stato di amor platonico, v’è nascosto qualcosa di caratteristicamente italiano: cioè il bisogno, che sembra tanto preoccupare questo nostro buon popolo, di rinunciare al proprio giudizio politico: il che val quanto dire rinunciare alla propria libertà politica.

L’aspettazione messianica del Governo dei competenti è la comoda scusa per mascherare dietro la propria incompetenza la rinuncia ad emettere un giudizio politico: se li prenda chi vuole questi grattacapi politici, se li prendano questi competenti, che non fanno che cianciare e criticare dimostrando sempre che si è fatto quel che non si doveva fare, e si lasci in pace il povero cittadino, che, privo delle pezze d’appoggio delle statistiche e dei documenti, non può che accumulare errori su errori!

Ma i competenti credono più comodo rimanere a cianciare e criticare, il che forse non è poi gran danno, né per loro né per noi.

(Da Studi Politici).

TULLIO ASCARELLI
La rivista “La rivoluzione liberale” di Pietro Gobetti può essere consultata a questo indirizzo http://www.erasmo.it/liberale/default.asp
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