Il progresso tecnico e il progresso morale
Vita trentina 16 settembre 2018
Più di 70 anni fa, il 21 settembre 1947, Benedetto Croce pubblicò sul Corriere della Sera un editoriale dal titolo «Progresso tecnico e morale». In estrema sintesi (l’articolo completo è riportato nella foto) egli esponeva 4 concetti:
1) La vita si muove per contrasti. Ben può essere, quindi, che sorga un contrasto tra progresso tecnico e progresso morale.
2) E’ possibile che ci siano abusi della tecnica, come è possibile che si abusi del pensiero. Ma la l’insorgenza di abusi non ci deve far rinunciare né al progresso del pensiero né al progresso della tecnica.
3) Storicamente il progresso delle scienze e della tecnica è coinciso anche con il progresso del pensiero etico e filosofico. E alle conquiste tecnologiche dell’età moderna ha fatto riscontro (anche come esito di guerre sanguinose) la “fede” nella libertà e nelle istituzioni correlate.
4) Oggi (per Croce era il 1947) c’è una convergenza tra interesse economico, forza politico/militare e progresso della tecnica. Questa tendenza può innescare una lotta proprio contro gli ideali umani. Ma a trionfare sarà sempre la vita morale dell’uomo (che vive al fondo delle coscienze dei suoi stessi feroci avversari).
Benedetto Croce scriveva queste cose all’indomani della seconda guerra mondiale. Quando parlava di tecnologia non poteva non avere in mente lo scempio della bomba di Hiroshima che dell’uso distorto della tecnologia può essere considerato il simbolo (ma già nel 1935, Salvatore Quasimodo, nella poesia “Uomo del mio tempo” aveva stigmatizzato “la tua scienza esatta persuasa allo sterminio”).
70 anni dopo il dominio tecnologico è tutt’altra cosa. Per certi versi più pervasivo, con in più quel senso di smarrimento che deriva dall’aver scoperto che la tecnologia non ha mantenuto la promessa di liberare l’uomo dalle sue sofferenze.
Periodicamente si sente ripetere che la cultura italiana risente ancora dell’idealismo crociano e che ci sarebbe bisogno di maggiore “cultura scientifica” (il leit motiv viene ripetuto al momento delle iscrizioni all’Università da chi invita i giovani a disertare le facoltà umanistiche).
Croce probabilmente avrebbe detto che questa contrapposizione è fuori luogo.
Ma dalle sue parole emerge l’importanza fondamentale che, di fronte ai problemi piccoli e grandi, ha la visione etica che ogni individuo dovrebbe avere di sé e del mondo, ovvero quello che oggi viene chiamato “saper essere”.
La tecnologia pone problemi enormi: ne hanno consapevolezza coloro che la usano? Faccio un esempio: lo scandalo Cambridge analytica, ovvero l’uso dei social network per manipolare le scelte elettorali delle persone. Chi ha realizzato gli strumenti tecnologici che rendono possibile tutto ciò si è posto il problema della accettabilità sul piano etico di ciò che stava facendo? Esempi analoghi, oltre che per l’informatica, si possono fare per la biologia, per la medicina, per la matematica che produce i derivati finanziari, e così via.
La cultura scientifico/tecnologica deve procedere di pari passo con la cultura etico/morale.
E per quel che riguarda la formazione dei tecnologi, il problema non si risolve insegnando qualche ora di filosofia nei corsi di informatica o di biologia. Ma rendendo l’informatica e la biologia semplici specializzazioni dei corsi di laurea in scienze umanistiche.