Si è svolto questo pomeriggio a Trento il convegno “Che ne sanno i cittadini. L’insegnamento del diritto nella costruzione dello spazio democratico”.
Nella foto, da sinistra:
Antonio Cassatella (prof. di Diritto amministrativo, Unitn)
Patrizia Corona (componente del Consiglio Nazionale Forense)
Gherardo Colombo (ex magistrato)
Omar Bellicini (giornalista ed esperto di comunicazione istituzionale)
Alfredo Vaccarella (Caporedattore del Tg5).
Io.
Il moderatore Omar Bellicini ha introdotto il tema ricordando che il numero dei reati in Italia è in calo, ma la gente è convinta che invece siano in aumento. Ha chiesto se i giornali sono responsabili di questo e, in generale, dei “malintesi” del pubblico. Alla domanda ha risposto il dott. Vaccarella (dicendo che sì, i giornalisti sono in parte responsabili e che la cronaca “va maneggiata con cura”).
Ci sono poi stati gli interventi di Colombo e Corona.
A me è stato chiesto di parlare dell’insegnamento del diritto e del ruolo del diritto nella formazione dei cittadini.
Riassumo per punti il mio intervento.
1) Molte persone sono convinte che in materia di diritto ognuno possa dire la sua, ovvero che si possa discettare di diritto senza averlo studiato neanche un po’.
Ho fatto alcuni esempi:
- Molti dicono “reato penale”, espressione che non vuol dire nulla;
- Altri invocano “pene esemplari”, ma se la pena (secondo la Costituzione, art. 27) deve tendere alla rieducazione del connato, la funzione della pena non è l’esemplarità;
- Altri ancora pensano che vincendo le elezioni si possono ottenere “i pieni poteri” (espressione che in un ordinamento democratico significa ben poco);
- E ci sono stati politici che hanno detto frasi del tipo «Se Banca d’Italia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni con questo programma» [dimostrando di ignorare che la Banca d’Italia non si può presentare alle elezioni, e di non sapere che la democrazia ha al suo interno poteri e contropoteri, non tutti con una investitura popolare diretta. Le corti giudiziarie, la Corte costituzionale, le autorità indipendenti, le università, sono corpi autonomi, alcuni garantiti come tali dalla stessa Costituzione. Le persone che ne sono titolari non sono elette, ma scelte in altri modi, per lo più sulla base del merito, delle competenze, dell’esperienza, con competizioni aperte (concorsi)].
Rispondendo ad una obiezione di Colombo, ho chiarito che è ben possibile che in ambito giuridico si confrontino “dottrine” diverse. Ma se molte cose si possono sostenere, ma è possibile che il bianco diventi nero. E comunque da chi è titolare di cariche pubbliche è giusto pretendere un minimo di preparazione giuridica (alcune delle frasi riportate sono state pronunciate da Ministri in carica).
La situazione descritta dipende da molte cose:
- Ignoranza tout court.
- Non avere ben chiaro cosa sia il diritto [la schizofrenia del legislatore, la pessima qualità delle leggi, l’imprevedibilità della giurisprudenza non aiutano].
- Pensare che il diritto sia ciò che io penso sia giusto. Cioè: io sono il diritto.
2) Le colpe dei giuristi
Nella percezione comune oggi il giurista si colloca tra due posizioni antitetiche.
- «l’inquilino del tempio», cultore di una scienza per iniziati, e basata su un linguaggio inaccessibile e come tale poco comprensibile;
- oppure viene associato al leguleio azzeccagarbugli ospite in televisione per mimare processi sostenendo tesi che mutano nel volgere di un’inquadratura.
Sono entrambe idee sbagliate.
Il giurista spesso coltiva la «separatezza» della propria scienza: a volte viene il sospetto che la si rivendichi come unico modo per giustificare la propria esistenza.
E così si finisce per insegnare anche ai giovani, nelle università, la scienza giuridica come staccata da tutte le altre e il più possibile ancorata all’iperspecialismo delle singole discipline (diritto penale, diritto pubblico, diritto privato) che non dialogano nemmeno tra loro e che spesso non hanno neanche tassonomie comuni.
3) Ignoranza e razionalità limitata
La situazione descritta è alimentata anche dal modo di ragionare delle persone.
L’idea dell’uomo perfettamente razionale che prende sempre la decisione migliore è in crisi.
Le persone ragionano usando procedure semplificate, euristiche, che spesso portano a decisioni sbagliate.
La stragrande maggioranza delle decisioni non le prendiamo attraverso il sistema razionale, ma affidandoci all’impulso del sistema intuitivo.
4) C’è chi abusa dei nostri limiti cognitivi
Il fatto è che c’è chi abusa dei nostri limiti cognitivi.
Nessun politico oggi può fare campagna elettorale prescindendo dai social. Ma se l’obiettivo è ottenere i click, ecco che si creano incentivi sbagliati che peggiorano le cose. Il discorso vale anche per le testate giornalistiche. Per attirare l’attenzione si postano notizie che incoraggiano il clickbait (perciò sui siti dei giornali ci sono spesso filmati di liti furibonde tra personaggi più o meno famosi). Ma questo comporta lo scadimento delle notizie e la scomparsa di chi fa inchieste specialmente in ambito locale.
Dopo questa premessa, ho provato a rispondere alla domanda: quale ruolo può avere il diritto nella formazione dei cittadini?
5) Diritto: materia, cornice o cerniera?
Ci si può chiedere se il diritto debba essere una “materia” come tutte le altre.
Ovvero se debba essere la “cornice” di tutto il percorso formativo.
O, ancora, se debba fare da cerniera tra saperi diversi.
6) Il saper essere
Ho concluso ricordando che tutte le agenzie formative sono concordi nel dire che i processi formativi devono far apprendere sapere, saper fare e saper essere. (vedi Giuristi si diventa)
Il diritto aiuta ad impadronirsi del saper essere, ovvero della capacità di essere all’altezza del ruolo, la capacità di assumersi le responsabilità connesse ad ogni azione che poniamo in essere.
7) Cosa è giusto
Se insegnato e compreso bene il diritto aiuta a capire cosa è davvero giusto fare.
Annuncio del convegno su quotidiano Trentino
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