Lezioni dalla stanza virtuale
Università Pascuzzi vede gli studenti di diritto online. «Ma questa modalità non può essere la regola»
intervista di DENISE ROCCA
L’università ai tempi del Coronavirus si destreggia fra tecnologia e didattiche alternative con l’obiettivo primario di salvaguardare la ricchezza che deriva dalle relazioni, con gli insegnanti e fra gli studenti. Con questo spirito è andato avanti regolarmente il corso di Diritto civile 2 tenuto dal professore Giovanni Pascuzzi, docente alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento: quattro volte a settimana, dalle 11 alle 13, studenti e docente si sono incontrati online per la lezione grazie ad una piattaforma di videoconferenza. «Non ho perso un giorno di didattica – spiega Pascuzzi – quando è arrivata la notizia del nuovo blocco, questa volta molto più lungo, avevo lezione il pomeriggio, abbiamo finito alle 18.45 e già le agenzie avevano dato la notizia, quindi ho dato direttamente appuntamento agli studenti il giorno dopo a distanza, e abbiamo fatto l’altra metà del corso in questa modalità».
Ogni settimana un problema diverso da affrontare dal punto di vista del diritto civile, e una modalità di insegnamento che anche in aula era molto interattiva e prevedeva l’elaborazione di materiali anche da parte degli studenti: alcuni ragazzi lo hanno fatto da casa propria, dove sono rientrati, altri come una giovane siciliana che ha deciso di rimanere a Trento, dallo studentato. Tutti si vedevano in contemporanea nella stanza virtuale creata dalla piattaforma. Ha aiutato che il corso fosse ridotto nei numeri a una classe paragonabile ad una di liceo, ma anche l’atteggiamento di tutti.
«Gli studenti hanno risposto con entusiasmo e molto motivati – racconta il docente -, avevamo già qualche settimana di corso sulle spalle, quindi il metodo era appreso e questa modalità di emergenza non ha compromesso le lezioni, per chi frequenta finiremo il corso con una prova scritta che faremo online nella stessa modalità». L’ateneo trentino ha messo a disposizione degli strumenti e gli insegnanti stanno tutti attivando modalità di lezione a distanza per fronteggiare questa chiusura imprevista degli edifici, ma attenzione a considerarla applicabile in modo indeterminato.
«Stiamo facendo di necessità virtù – specifica Giovanni Pascuzzi -. Distinguerei queste forme di lezione sincrona con la preparazione di materiali. Quella richiede tempo e non penso si possa fare in pochi giorni, si possono in questo momento registrare delle lezioni ma poco più. In questo momento didattica a distanza significa continuare ad avere un rapporto con gli studenti, perché questo è molto importante. I nostri studenti frequentanti fanno quattro ore al mattino e tre al pomeriggio di lezione, non penso sia possibile stare otto ore davanti al computer a fare lezione. La didattica impone di rivedere la modalità tradizionale, per esempio dal punto di vista della durata: se questa situazione dovesse prolungarsi non si può pretendere dagli studenti di stare attaccati al pc due ore di fila a guardare una lezione, devono potersi alzare, fare altro. Si risponde qui ad un’emergenza, e nel mio caso ha funzionato bene, ma il problema è il significato di distanza: ci sono tanti corsi online che si possono seguire, ma noi non siamo un’università telematica e nemmeno credo vogliamo diventarlo. L’università deve restare un luogo dove è fondamentale rapporto fra chi insegna e chi apprende. Le tecnologie in questo momento particolare ci fanno superare questa distanza, ma bisogna usare lo strumento in modo che non venga meno il significato della presenza del professore e della relazione. È importantissima questa, nel processo di apprendimento, accanto alla relazione degli studenti fra di loro. Se lo strumento tecnico riesce a garantire la relazione funziona, se viene meno quella vengono meno il contenuto e la motivazione dell’apprendimento».