Voci lontane sempre presenti. Scuola e Università alla sfida dell’emergenza (seminario online, 18 aprile 2020)

Scuola e università alla sfida dell'emergenza

Il 18 aprile 2020, alle 17,30, in diretta Facebook sulla pagina de “La Giusta Causa

Seminario dal titolo “Voci lontane sempre presenti. Scuola e Università alla sfida dell’emergenza“.

Moderatore: Michele Laforgia, avvocato, presidente de “La Giusta Causa”.

Introduzione: Roberto Bellotti (Università di Bari).

Interventi:

Irene Canfora (Università di Bari)

Piero Dellino (Università di Bari)

Giovanni Pascuzzi (Università di Trento)

Marzia Barbera (Università di Brescia),

Maurizio Lembo (Flc Cgil)

Alessandro Laterza (editore).

Conclusioni:

Stefano Bronzini, rettore dell’Università di Bari

Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Milano Bicocca.

 

 

Su la Repubblica Bari del 18 aprile 2020 è stato pubblicato un mio intervento che anticipa il convegno. Di seguito il testo.

Covid-19 ha imposto alle Università una piccola rivoluzione: erogare la didattica a distanza. Del tema si parlerà questo pomeriggio in un seminario organizzato da “La Giusta Causa” che potrà essere seguito sulla omonima pagina Facebook dell’associazione a partire dalle 17,30.

La didattica a distanza è un tipo di formazione nella quale tutte le attività (lezioni, discussioni, fruizione dei materiali di studio, prove valutative) vengono amministrate via Internet.

Per molti versi questa modalità appare l’esatto opposto della lezione tradizionale in presenza. Bisogna dire però che da tempo vengono sperimentate forme ibride (cosiddetto “blended learning”) nelle quali il metodo tradizionale frontale viene accompagnato da attività mediate dal computer.

Ricorrere alla didattica online pone molti problemi e comporta l’adozione di precise strategie.

Il primo tra i problemi è quello dell’accesso. Più di 9 milioni di italiani non hanno Internet. E molti di più sono quelli che non hanno una connessione apprezzabilmente veloce. Questo significa che tanti studenti (ma anche tanti docenti che lavorano da casa) potrebbero essere tagliati fuori dallo scenario di cui parliamo. È una forma di “digital divide” che forse fa anche fatica ad emergere.

Per quel che riguarda le strategie si può citare, a titolo esemplificativo, la distinzione tra didattica sincrona e didattica asincrona. La prima contraddistingue una modalità nella quale lo studente segue una attività (lezione, seminario) che viene erogata in quel momento nella quale è assicurata l’interazione attraverso interventi in video, in chat e simili. I docenti che ricorrono alla didattica asincrona registrano le lezioni (audio e video o solo audio) e le caricano su apposite piattaforme. Gli studenti ascoltano/vedono la lezione quando vogliono, ma le possibilità di interazione sono molto minori.

Già da queste poche elementari distinzioni appare chiaro che la didattica online non significa affatto fare a distanza quello che prima si faceva in presenza: il mezzo non è neutro. Occorre quindi interrogarsi sugli obiettivi formativi, sulle caratteristiche del mezzo (ad esempio: gli studenti non possano stare 4 ore davanti al monitor così come potrebbero stare 4 ore tra i banchi a seguire le lezioni). Occorre soprattutto capire cosa il mezzo possa fare di più e di diverso rispetto all’approccio tradizionale: troppo spesso la didattica online si trasforma nella mera digitalizzazione di volti, di voci e di testi. E invece le tecnologie informatiche potrebbero tornare utili per raggiungere obiettivi formativi non facilmente perseguibili con la lezione frontale: penso all’apprendimento di skills e competenze.

Ampio è il dibattito che si è innescato su pregi e difetti della didattica online.

Mi limito a svolgere due considerazioni. La prima attiene al concetto di distanza.

La vecchia tradizionale lezione in presenza ha una caratteristica che questi nuovi strumenti sembrano non poter assicurare: la relazione. Attraverso la relazione si costruiscono rapporti di reciprocità significativi, e ci si riconosce, in quanto soggetti, membri del gruppo impegnato nella relazione stessa. È la relazione con il docente che consente ai soggetti in formazione di entrare in una comunità che condivide la costruzione di conoscenze e competenze. La relazione (didattica) trasforma ciascuno dei soggetti coinvolti. Ed è questo il vero motore dell’apprendimento. Possiamo avere docenti che fanno lezione in presenza senza trasmettere nulla sul piano emotivo; e possiamo avere tecnologie che accorciano le distanze favorendo la relazione. Sterile è ogni contrapposizione.

La seconda considerazione ha portata più generale.

La carriera dei professori universitari prescinde quasi totalmente dalla verifica della loro capacità di insegnare. Si diventa professori se si dimostra, nei concorsi, di essere dei bravi ricercatori. Un tempo la legge prevedeva che i candidati al posto di professore associato dovessero tenere una lezione su un argomento assegnato dalla Commissione di concorso. Oggi neanche questa piccola verifica, di fatto, viene prevista. La conseguenza è che i giovani non hanno nessun incentivo ad approfondire in che modo fare buona didattica: se vogliono fare carriera devono pubblicare e basta. Dico questo perché se è vero che molto si discute della qualità della didattica erogata a distanza da professori che fino a ieri mai avevano fatto qualcosa del genere è altrettanto vero che sul tema della formazione dei professori in quanto docenti si fa molto poco (nelle Università straniere, ad esempio, esistono dei corsi di formazione all’insegnamento destinati ai professori neoassunti).

Occorre imparare ad insegnare a distanza (e, naturalmente, parlo innanzitutto a me stesso).

Ma occorre anche imparare a studiare a distanza: gli studenti devono anch’essi interrogarsi sulle caratteristiche del mezzo e sulla qualità di ciò che viene loro proposto.

 

 

Post eventum. La Gazzetta del Mezzogiorno, articolo sul seminario, 21 aprile 2020

 

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