La pandemia si sta rivelando un acceleratore di trasformazioni sociali.

Anche e forse soprattutto per effetto del “remote working”.

Nel libro “Lavorare (da casa) stanca. Rischi e opportunità dello smart working” (edito da Castelvecchi, 91 pagine, euro 12,50) il giornalista Nicola Zamperini spiega come in poco tempo stia maturando la decisione di abbandonare il modello che prevede la concentrazione dei lavoratori (pubblici e privati) in spazi di lavoro collocati per lo più nelle grandi città. Facebook ha annunciato che entro il 2030 almeno la metà dei propri dipendenti lavorerà da casa[i].

Il libro si sforza di delineare le caratteristiche di uno scenario nel quale sempre più persone lavoreranno da casa.

Di seguito un piccolo inventario.

– La fine del pendolarismo (con conseguenti risparmi sui trasporti e benefici ambientali: certo, se si riflette, appare un po’ irrazionale che milioni di persone ogni giorno facciano avanti e indietro per raggiungere il posto di lavoro) (p. 14).

– La riduzione del traffico (in che modo cambieranno le autostrade?) (p. 43).

– La scomparsa del modello “ufficio-centrico” ma anche del modello “città-centrico” (p. 40).

– La messa in discussione della cultura aziendale perché è più difficile mantenere il senso di appartenenza (ed anche i segreti industriali) quando non si vive il contatto fisico quotidiano nello stesso luogo (p. 30).

– La nascita di aziende policentriche.

– La necessità di ripensare la cybersicurezza dell’azienda che non può essere più limitata alle macchine presenti i  sede ma deve estendersi alle attrezzature usate da chi lavora in remoto (p. 69).

 

Altre conseguenze riguardano la prestazione di lavoro. Zamperini analizza:

– Gli effetti che software, macchine e piattaforme producono sui lavoratori (“portiamo i mezzi di produzione nella tasca dei pantaloni (smartphone) ventiquattrore al giorno, sette giorni su sette” (p. 13)).

– Il passaggio da un modello basato sull’orario di lavoro a un modello basato sul lavoro per obiettivi (p. 78).

– La fatica digitale, perché restare sempre connessi comporta una maggiore dispendio di energie al punto da rendere indispensabile la necessità di riconoscere un diritto a restare staccati, anche per favorire maggiore concentrazione (p. 51).

– La sensazione di isolamento che affligge chi, lavorando davanti ad uno schermo, non può più relazionarsi fisicamente con i colleghi (p. 68).

– La cancellazione della distinzione tra luogo di lavoro e ambiente casalingo visto che gli spazi coincidono. Mutamenti del concetto di flessibilità (p. 64).

– La produzione di software in grado di controllare in maniera capillare il comportamento dei lavoratori[ii] (p. 76).

– Il pericolo che chi non possieda le necessarie competenze digitali venga immediatamente e irrimediabilmente espulso dal mercato del lavoro (esodati digitali) (p. 58).

 

Zamperini si preoccupa di immaginare un lavoro da remoto sostenibile e formula 10 proposte per non stancarsi del telelavoro.

 

Un libro agile che tratteggia uno scenario prossimo venturo con il quale ci misureremo certamente. Il tema, come sempre, è quello dell’atteggiamento di fronte all’innovazione: la demonizziamo o cerchiamo di capirla per cogliere le opportunità e provare a combattere i suoi aspetti deteriori?

 

 

[i] Zamperini cita un lungo post dello stesso Zuckerberg del 21 maggio 2020

https://www.facebook.com/zuck/posts/10111936543502931

[ii] Zamperini cita un articolo di Adam Satariano dal titolo How My Boss Monitors Me While I Work From Home, apparso sul New York Times del 6 maggio 2020.

https://www.nytimes.com/2020/05/06/technology/employee-monitoring-work-from-home-virus.html.

Satariano descrive, in particolare, il funzionamento del software denominato Hubstaff.

https://hubstaff.com/

Skip to content