Ad aprile alcuni Deputati del Partito democratico hanno presentato alla Camera la proposta di legge n. 2483 avente ad oggetto il riconoscimento della canzone «Bella ciao» quale «espressione popolare dei valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica italiana». Qualche mese dopo, a novembre, alcuni Deputati della Lega hanno presentato una specie di proposta “fotocopia” (n. 2776) dove pure si fa riferimento al riconoscimento di una canzone che sia «espressione popolare dei valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica italiana», solo che detta canzone viene individuata non già in «Bella ciao» bensì in «Romagna mia».

Entrambe le proposte chiedono che le citate canzoni vengano studiate nelle scuole di ogni ordine e grado. Per «Bella ciao» nell’ambito «delle attività didattiche finalizzate all’acquisizione delle conoscenze relative alla seconda guerra mondiale e al periodo storico della Resistenza e della lotta partigiana». Per «Romagna mia» nell’ambito «delle attività didattiche finalizzate alla conoscenza dei valori del proprio territorio e delle origini».

La vicenda, molto italica, pone tre questioni: il significato delle canzoni; i valori fondanti della Repubblica; l’insegnamento di detti valori.

A) Le canzoni come patrimonio culturale. Conviene innanzitutto ricordare che le canzoni fanno parte del retaggio culturale di una popolazione e di un territorio al punto da poter godere di una specifica tutela. Nel 2003 l’Unesco ha varato la «Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale». Con tale espressione si intendono le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, le abilità che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli stessi individui riconoscono come parte del loro patrimonio (ovvero: della loro eredità) culturale. Grazie a detta Convenzione sono tutelati come patrimonio immateriale dell’umanità: il canto a tenore sardo, la musica reggae della Giamaica, il fado portoghese, le canzoni dei cosacchi della regione di Dnipropetrovsk. Un’altra circostanza da porre in rilievo è il ruolo che le canzoni già hanno nelle attività didattiche delle nostre scuole. Ad esempio, molte antologie, sulle quali i giovani studiano la letteratura italiana, riportano i testi dei brani di Fabrizio De André. Senza contare che al grande cantautore genovese sono intitolati alcuni istituti scolastici sparsi qua e là nella penisola. Nessun dubbio, quindi, che le canzoni possano rivestire una funzione culturale e formativa rilevante.

B) I valori fondanti della Repubblica. Entrambe le proposte si prefiggono di individuare in una canzone l’espressione popolare dei valori della nostra Repubblica (per inciso va ricordato che i leghisti hanno presentato anche due disegni di legge al Senato: il numero 1949 avente ad oggetto “Riconoscimento della «canzone del Piave» come patrimonio storico e artistico della Nazione”; e il numero 1964 sul “Riconoscimento della canzone «Avanti Ragazzi di Buda» quale espressione dei valori fondanti della Repubblica”).

Il fatto che diverse forze politiche abbiano individuato canzoni diverse può voler dire che c’è disparità di vedute (una prova in più della difficoltà a trovare le fondamenta di una identità nazionale condivisa) oppure che più canzoni possono ugualmente esprimere determinati valori. Il punto vero, però, sono i valori fondanti della Repubblica. E su questo non c’è molto da discutere: tali valori sono sanciti nella nostra Costituzione. Essi comprendono: la libertà, la democrazia, la pace, l’uguaglianza, la solidarietà, la giustizia, la tutela delle autonomie e delle minoranze e così via. Se molti di detti valori sono riconoscibili nel testo di «Bella ciao», si fa più fatica ad evincerli in una canzone che recita: «Romagna mia, Romagna in fiore/Tu sei la stella, tu sei l’amore/Quando ti penso, vorrei tornare/Dalla mia bella, al casolare».

C) L’insegnamento dei valori costituzionali. Dopo aver ricordato l’importanza culturale delle canzoni e l’ancoraggio al testo costituzionale dei nostri valori resta da chiedersi se sia giusto o anche solo opportuno che lo studio di una specifica canzone venga imposto per legge. A tale proposito non è da escludere, conoscendo la proverbiale originalità italica, che taluno, condividendo l’approccio “territorialista” mostrato dalla Lega, presenti altre proposte di legge che impongano che nelle scuole si studi: “O mia bella Madunina”; “La porti un bacione a Firenze”; “Scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisá!”; e così via.

Il dato di partenza è che occorre insegnare i valori fondanti della Repubblica e in questa traiettoria va letta la recente (re)introduzione dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica (legge 92 del 2019). Ma come questo obiettivo formativo debba essere raggiunto (con quali contenuti, con quali strategie didattiche ed anche con quali canzoni) è tema che andrebbe lasciato agli insegnanti e alle comunità che apprendono.

l’Adige 10 gennaio 2021

 

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