Sommario. Esistono almeno quattro situazioni nelle quali il diritto e gli operatori (giuristi e legislatori) si misurano con la «previsione» ovvero con la necessità/capacità di vedere e valutare in anticipo ciò che accadrà in futuro: a) la previsione normativa; b) La previsione/prevedibilità della risposta dell’ordinamento: la certezza del diritto; c) La previsione degli effetti della regolazione; d) La previsione/predittività dell’intelligenza artificiale. Dopo averle brevemente richiamate, si proverà a svolgere qualche considerazione su diritto e previsione.
1. Introduzione. Esistono almeno quattro situazioni nelle quali il diritto e gli operatori (giuristi e legislatori) si misurano con la «previsione» ovvero con la necessità/capacità di vedere e valutare in anticipo ciò che accadrà in futuro. Dopo averle brevemente richiamate, si proverà a svolgere qualche considerazione su diritto e previsione.
2. La previsione normativa. Nel lessico dei giuristi compare spesso l’espressione «previsione normativa». Essa viene usata come sinonimo di enunciato normativo ovvero per indicare la situazione astratta che il legislatore immagina e alla cui esistenza viene riconnesso il sorgere di determinate conseguenze. In determinati contesti coincide con la cosiddetta «fattispecie astratta».
Scrive Natalino Irti: «Il mio venerato maestro Emilio Betti che, primo o fra i primi, introdusse nella nostra dottrina concetto e nome di fattispecie così spiega l’interno congegno di ogni norma giuridica: […] precetto ipotetico, ossia condizionato, il quale consta di una previsione (condizione) e di una corrispondente disposizione o statuizione. In essa, vale a dire: a) si prevede in astratto e in generale una data ipotesi di fatto o fattispecie; b) si dispone un correlativo trattamento giuridico: si statuisce, cioè, che ogni volta che si verifichi tale fattispecie, debba aver luogo un corrispondente determinato effetto»[i].
Il concetto di previsione è quindi connaturato a quello di norma: il compito di quest’ultima è prefigurare una situazione possibile del futuro.
Quando interpretiamo un enunciato normativo siamo portati da un lato ad immaginare le situazioni (circostanze di fatto) nelle quali esso può trovare applicazione e dall’altro a chiederci il perché di quella previsione cercando di individuare le ragioni che hanno spinto il legislatore a fare o a non fare certe scelte[ii].
3. La previsione/prevedibilità della risposta dell’ordinamento: la certezza del diritto. In una prospettiva connessa a quanto appena esposto si colloca la previsione dell’esito di una controversia.
La sentenza segna il passaggio dalla «previsione normativa» astratta alla giustizia del singolo caso al quale quella previsione viene applicata. È il momento nel quale la fattispecie concreta si adatta perfettamente alla fattispecie astratta secondo un modello di ragionamento di tipo sillogistico. L’idea di un «diritto calcolabile» riposa sulla convinzione che l’esito di ogni controversia debba essere «prevedibile». Proprio tale assunto dà corpo ad uno dei pilastri della nostra civiltà giuridica: quello della «certezza del diritto»[iii]. Il sistema giuridico compulsato in ordine ad un determinato problema deve fornire sempre la medesima risposta. Perché certo è solo ciò che è prevedibile.
Il principio della certezza del diritto comporta corollari ben precisi: il numero chiuso delle tecniche interpretative; il considerare il giurista su un piano assolutamente marginale rispetto al legislatore ed occupato solo a rendere palese e coerente il significato delle norme; la diffidenza verso il concetto stesso di creatività in ambito giuridico[iv].
4. La previsione degli effetti della regolazione. Assumendo l’ottica propria dei regolatori/legislatori (e dei giuristi che con loro collaborano) si deve ricordare come, da qualche lustro, sempre maggiore enfasi venga posta sulla necessità di «prevedere» gli effetti delle norme e della regolazione: le norme si devono emanare solo se, al termine di una adeguata istruttoria, si è ragionevolmente certi che sortiranno gli effetti voluti e previsti.
Si sta facendo riferimento: per l’Italia, all’analisi di impatto della regolazione[v] e per l’Unione Europea, alla cosiddetta “better regulation”. Con detta locuzione, si indica la volontà di progettare la normazione e le politiche dell’Unione Europea in modo che le stesse possano raggiungere i propri obiettivi con il minimo costo; il che significa anche agire solo per quanto è strettamente necessario per risolvere il problema[vi].
Secondo l’ordinamento italiano, l’analisi di impatto della regolazione prevede i seguenti passaggi[vii]:a) analisi del contesto e individuazione dei problemi da affrontare; b) individuazione dei potenziali destinatari, pubblici e privati, dell’intervento; c) definizione degli obiettivi dell’intervento normativo; d) elaborazione delle opzioni, anche di natura non normativa, inclusa quella di non intervento; e) valutazione preliminare delle opzioni; f) comparazione delle opzioni attuabili, valutandone e, ove possibile, quantificandone i principali impatti di natura sociale, economica, ambientale e territoriale per le diverse categorie di destinatari; g) individuazione dell’opzione preferita.
Occorre quindi essere ragionevolmente in grado di «prevedere»:
a) come reagiranno i consociati alle nuove regole (se terranno o meno i comportamenti auspicati e/o imposti);
b) se davvero gli effetti prodotti dalle nuove regole propizieranno il conseguimento degli obiettivi voluti.
5. La previsione/predittività dell’intelligenza artificiale. La nuova frontiera (e siamo al quarto contesto dell’inventario che ci siamo proposti di redigere) è rappresentato dalle capacità predittive dell’intelligenza artificiale, anche se meglio sarebbe dire della «data science» e del «data mining» applicati al mondo del diritto («legal analytics»). Tralasciando il ben noto caso statunitense Loomis[viii] (nel quale al software COMPAS sembrava essere stata delegata la capacità di prevedere l’attitudine alla recidiva del citato signor Loomis) stiamo parlando della capacità di elaborare previsioni mediante un calcolo probabilistico effettuato da algoritmi operanti su base semplicemente statistica o su base logica[ix]. La «legal analytics» può essere usata per prevedere l’esito di un giudizio. Nel 2016, ad esempio, è stato svolto uno studio che, grazie ai progressi nell’elaborazione del linguaggio naturale e nell’apprendimento automatico, si proponeva di costruire modelli predittivi utili a svelare gli schemi che guidano le decisioni giudiziarie. Il lavoro ha previsto l’esito dei casi analizzati dalla Corte europea dei diritti umani basandosi sul loro contenuto testuale: la previsione è riuscita nel 79% dei casi[x]. E, più in generale, può essere usata per predire i comportamenti di tutti gli attori del sistema giuridico. Lex Machina, una emanazione di Lexis-Nexis, combina dati e software per creare set di dati su giudici, avvocati, parti e soggetti di cause legali, analizzando milioni di pagine di informazioni sulle controversie. Con questi dati gli avvocati possono prevedere i comportamenti e gli esiti che produrranno le diverse possibili strategie legali[xi].
6. Cosa è davvero prevedibile? Se si guardano le cose più da vicino non si può che constatare quanto problematica possa risultare l’attendibilità delle previsioni in ambito giuridico.
a) Sulla previsione normativa come fattispecie astratta. Per varie ragioni il concetto di fattispecie è in crisi. Le norme non sono solo quelle che soddisfano lo schema tipico della fattispecie (se A allora B), ma anche quelle (come le disposizioni costituzionali) che assegnano diritti incondizionati, enunciano principi e regole di convivenza, tutelano interessi e beni collettivi. Ad un livello ancora più alto si pongono i valori intesi come principi che devono essere riscoperti nelle norme positive. Inoltre sempre più spesso le corti non vengono investite di casi nei quali si discute di fatti che si assumono contrari al diritto, ma da pretese che invocano il riconoscimento di nuovi diritti, di nuove tutele[xii]. Ma c’è un dato ulteriore che va messo in esponente. Il diritto non coincide con la legge e, quindi, non è la sola previsione normativa a definire la regola. Oggi possiamo dire che la regola è sì la norma di legge ma come interpretata dalla giurisprudenza e anche dalla dottrina più avveduta. Noi non comprenderemmo il reale significato di un enunciato normativo se non verificassimo in che modo lo stesso è interpretato dalle corti e dai dottori. L’articolo 2043 del codice civile, ad esempio, afferma che «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»; ma non ci dice quale sia il danno ingiusto. Per comprenderlo dobbiamo guardare a come la giurisprudenza interpreta quella clausola.
b) Sulla prevedibilità della risposta dell’ordinamento. Proprio l’esempio dell’articolo 2043 ci consente di fare il passo ulteriore: quello relativo a cosa possiamo davvero intendere per certezza del diritto. La norma citata, infatti, non è mai stata cambiata nei suoi quasi 80 anni di vita. Ma oggi ha un raggio d’azione molto più ampio di quello che aveva nel 1942 quando forniva tutela solo alla lesione dei diritti soggettivi assoluti: attualmente essa può essere invocata in presenza di lesione di diritti soggettivi relativi, di interessi legittimi, di aspettative e così via. Alla fissità del testo (la fattispecie astratta) corrisponde una continua evoluzione della sua interpretazione che porta come necessaria conseguenza imprevedibilità ed incertezza. Salvo accorgersi che è questo il prezzo da pagare per permettere al diritto (strumento di ingegneria sociale) di adattarsi all’evoluzione della società o addirittura per favorirla (funzione promozionale del diritto). Se a questo quadro aggiungiamo il diritto di creazione giurisprudenziale scopriamo che della prevedibilità delle risposte dell’ordinamento rimane ben poco.
Chi sostiene che esista una e una sola interpretazione corretta di ogni enunciato normativo; chi ritiene che il diritto sia calcolabile; chi, nel ricorrere ai concetti di “fattispecie astratta” e “fattispecie concreta” fa proprio l’approccio sillogistico che, per definizione, ricava meccanicamente le conseguenze dalla premessa di partenza, finisce per aderire ad un corollario ben preciso: quello secondo cui la decisione del caso concreto sarebbe necessitata. Dal che ne deriva che il giudice (ovvero colui che per definizione ha il compito di applicare il diritto al caso concreto, dirimendo le controversie), sarebbe un soggetto algido, scevro da passioni (ma forse anche da un’anima): il suo sarebbe un compito “meccanico”, “calcolato e calcolabile”, “algoritmico” al punto che potrebbe essere addirittura sostituito dalle macchine.
Chi vive la realtà del diritto sa che le cose stanno in maniera molto diversa. Non solo perché il ragionamento giuridico si avvicina molto più al paradigma persuasivo che non a quello sillogistico. Ma per ragioni che il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, ha efficacemente sintetizzato in queste parole: «Prudenza e ragionevolezza. Chiarezza e leggibilità. Su questi elementi si gioca la partita della decisione giusta. Che non è un dato acquisito, ma un difficilissimo punto di equilibrio, da ricercare sempre nuovamente ad ogni passo, come il trapezista sul filo. Pretendere di possederla è infausto. Pretendere di cogliere nella legge un’entità oggettiva e immodificabile è da sprovveduti. Un saggio giurista di lungo corso non può che sorriderne. In tutte le interpretazioni di un testo normativo (e non) c’è la nostra esperienza, il nostro vissuto, i nostri sbagli, la nostra cultura, ciò che abbiamo appreso ed abbiamo dimenticato, ma è rimasto al fondo del nostro essere»[xiii].
Il ragionamento giuridico deve essere rigoroso ma non può essere meccanico: l’esito non può che essere incerto.
c) Sulla prevedibilità degli effetti della regolazione. L’idea sottesa all’analisi di impatto della regolazione è che si emanano regole, scegliendo magari tra possibili alternative, per orientare i comportamenti dei consociati così da raggiungere obiettivi utili a risolvere i problemi di una società. Ma quale attendibilità (ovvero: grado di certezza) possono avere le previsioni sociali? Fino a che punto si può preconizzare davvero l’evoluzione di una società?
Numerosi saperi studiano, da vari punti di vista, l’evoluzione dei comportamenti sociali: la scienza delle previsioni[xiv]; i cosiddetti «future studies»[xv]; le simulazioni ad agenti[xvi]; la stessa teoria dei giochi. E in ogni caso c’è da capire in che modo le persone reagiscono alle regole ovvero quale tipo di regola sia più efficace per ottenere davvero che i destinatari delle norme adottino il comportamento voluto: cosa assicura maggiormente che una regola di condotta venga osservata? una sanzione (carcere, pena pecuniaria) in caso di inosservanza? o, all’opposto, un premio/incentivo per chi la rispetta?[xvii], o, ancora, la cosiddetta «spinta gentile»[xviii]?
Tanti interrogativi, come si vede. Troppi per pensare che questo tipo di previsioni abbiano una possibilità apprezzabile di fare centro ogni volta.
d) Sulla predittività degli algoritmi. La «legal analytics» si propone di predire gli esiti dei processi: non già sulla base di un rigoroso (e meccanico) ragionamento giuridico bensì alla luce di sofisticate analisi algoritmico/statistiche di moli enormi di dati (big data). Un conto è ipotizzare possibili orientamenti di una corte, dei giudici, degli operatori. Altra cosa è prevedere con certezza l’esito del singolo giudizio. Per ottenere questo dovremmo disporre di algoritmi in grado di governare incertezza e imprevedibilità. E in ogni caso residuerebbe il problema etico circa la legittimità di affidare una decisione giuridica a questo tipo di algoritmo[xix].
Conclusioni. In ambito giuridico difficilmente è possibile prevedere e a volte non è nemmeno auspicabile.
(in Foro italiano, 2021, V, 10 e ss.)
[i] N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino, Giappichelli, 2016, 21.
[ii] Vedi ad esempio C. Stato, sez. III, 7 novembre 2019, n. 7620, in Foro it., Rep. 2020, Voce Farmacia, n. 68 a cui dire: «Lo scopo della previsione normativa di cui alla l. 24 marzo 2012, n. 27 non è quello del massimo decentramento delle sedi farmaceutiche ma di aumentare l’accessibilità all’assistenza farmaceutica in favore del maggior numero di abitanti possibile».
[iii] Il principio della certezza del diritto è una mitizzazione liberale: P. Grossi, Scienza giuridica italiana, Milano, Giuffrè, 2000, 278 ss. In argomento v.: G. Vidiri, La certezza del diritto tra «positivismo giuridico» e «giusnaturalismo», in Riv. internaz. filosofia diritto, 2016, 511; S. Praduroux, Certezza del diritto [aggiornamento-2014], in Digesto civ., Torino, Utet, 65; N. Lipari, I civilisti e la certezza del diritto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2015, 1115; G. Alpa, La certezza del diritto nell’età dell’incertezza, Napoli, Esi, 2006; C. Faralli, Certezza del diritto o diritto alla certezza?, in Materiali storia cultura giur., 1997, 89; AA. VV., La certezza del diritto. Un valore da ritrovare (atti del convegno, Firenze, 2-3 ottobre 1992), Milano, Giuffrè, 1994; L. Gianformaggio, Certezza del diritto, in Digesto civ., vol. II, Torino, Utet, 1988, 274; A. Pizzorusso, Certezza del diritto (profili applicativi), in Encicl. giur., Treccani, Roma, 1988, vol. VI.
[iv] G. Pascuzzi, La creatività del giurista. Tecniche e strategie dell’innovazione giuridica, Bologna, Zanichelli, 2018.
[v] L’analisi di impatto della regolazione (AIR) fu introdotta per la prima volta dall’art. 5 della legge 50/1999 ed è attualmente disciplinata dall’art. 14, comma 5, l. 246/2005 e dal d.p.c.m. 15 settembre 2017 n. 169. In particolare, l’articolo 8 elenca le fasi in cui si articola l’Air con particolare riferimento al contesto e agli obiettivi della regolazione. G. Mazzantini e N. Rangone, L’ analisi di impatto e gli altri strumenti per la qualità della regolazione : annuario 2017-2018. Napoli, Editoriale scientifica, 2019.
[vi] Commissione europea, Better regulation guidelines, Strasbourg, 19.5.2015, rinvenibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/better-regulation-guidelines-better-regulation-commission.pdf
[vii] Cfr. art. 8 del d.p.c.m. 15 settembre 2017 n. 169. Vedi anche la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2018, Approvazione della Guida all’analisi e alla verifica dell’impatto della regolamentazione, in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2017, n. 169.
[viii] Loomis v. Wysconsin, 881 N.W.2d 749 (Wis. 2016), certiorari negato dalla Corte Suprema con sentenza 137 S.Ct. 2290, 2017. In argomento G. Pascuzzi, Il diritto dell’era digitale, Bologna, Il Mulino, 2020, 294 ss.
[ix] Può essere usata per prevenire la criminalità: inserendo una serie di dati (ad esempio, relativi a rapine o furti verificatisi nelle stesse zone e con modalità analoghe), il sistema è in grado di prevedere luoghi e orari in cui verosimilmente potranno essere commessi altri reati della stessa specie. Cfr. https://www.keycrime.com.
Si vedano, in ogni caso, le preziose riflessioni di R. Pardolesi, Algorithmic legal decision making: la fine del mondo (del diritto) o il paese delle meraviglie?, in Questione Giustizia, 2020/1, 104 ss.
[x] N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preoţiuc e V. Lampos, Predicting Judicial Decisions of the European Court of Human Rights: A Natural Language Processing Perspective , in Peer Journal of Computer Science, 2016, disponibile all’indirizzo https://peerj.com/articles/cs-93.
[xi] Cfr. https://lexmachina.com.
[xii] N. Irti, Un diritto incalcolabile, cit., 25 ss.
[xiii] P. Curzio, Quasi saggio, Bari, Cacucci, 2017, pp. 23-24.
Le considerazioni svolte nel testo rinviano al tema della rilevanza di fattori extragiuridici nella decisione giuridica. Non è possibile trattarne funditus. Ci si limita a due considerazioni.
Durante il lockdown causa coronavirus chi stato qualcuno che ha motivato la propria contrarietà al processo a distanza sottolineando che sarebbe impossibile “giudicare, ed anche essere giudicati, senza mai potersi guardare reciprocamente negli occhi”. Così, ad esempio, V. Spigarelli, Processo a distanza, rischioso se si estende oltre l’emergenza, in Il Riformista del 9 aprile 2020, rinvenibile all’indirizzo https://www.ilriformista.it/processo-a-distanza-rischioso-se-si-estende-oltre-lemergenza-78235/3/. Un’affermazione di questo tipo contiene un “non detto” implicito: una decisione giuridica non viene assunta solo sulla base di fattispecie astratte e fattispecie concrete ma su di essa incidono altri fattori (come il guardarsi negli occhi e, quindi, le emozioni).
C’è poi il grande tema delle euristiche ovvero le cosiddette procedure semplificate di decisione. In un suo studio, richiamato nel libro “Decisioni intuitive. Quando si sceglie senza pensarci troppo” (edito in Italia da Raffaello Cortina nel 2009), Gerd Gigerenzer ha dimostrato che i giudici chiamati a decidere se rilasciare un imputato su cauzione usano la cosiddetta “euristica dell’unica buona ragione”: non è vero che prima di decidere analizzano tutte le possibili ragioni, i pro e i contro, ma si fermano alla prima buona ragione che giustifica una certa decisione.
Sulle euristiche (in particolare: dell’ancoraggio, della disponibilità e della rappresentatività) v.: R. Rumiati e C. Bona, Dalla testimonianza alla sentenza. Il giudizio tra mente e cervello, Bologna, il Mulino, 2019, pp. 133 ss.; e G. Pascuzzi, Il problem solving nelle professioni legali, Bologna, il Mulino 2017, pp. 37 e ss.
[xiv] F. Sylos Labini, Diritto e previsione. Cosa può dirci la scienza sulla crisi, Roma-Bari, Laterza, 2016. Sulla previsione statistica v. P. Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche, Bologna, Il Mulino, 2015; F. Battaglia, Metodi di previsione statistica, Milano, Springer. 2007.
[xv] S. Arnaldi e R. Poli (a cura di), La previsione sociale. Introduzione allo studio dei futuri, Roma, Carocci, 2012.
[xvi] P. Terna, R. Boero, M. Morini e M. Sonnessa, Modelli per la complessità. La simulazione ad agenti in economia, Bologna, Il Mulino, 2006.
[xvii] Scrive N. Bobbio, Sulla funzione promozionale del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, p. 1312 ora in Id., Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 16-17. «Col minimo di parole si può utilmente distinguere un ordinamento protettivo-repressivo da un ordinamento promozionale, dicendo che al primo interessano soprattutto i comportamenti socialmente non desiderati, onde il suo fine precipuo è di impedirne quanto più è possibile il compimento; al secondo interessano soprattutto i comportamenti desiderati, onde il suo fine è di provocarne il compimento anche nei confronti dei recalcitranti. Per raggiungere il proprio fine un ordinamento repressivo compie operazioni di tre tipi in quanto vi sono tre modi tipici di impedire un’azione non voluta: renderla impossibile, renderla difficile, renderla svantaggiosa. Simmetricamente si può dire che un ordinamento promozionale cerca di raggiungere il proprio fine attraverso le tre operazioni contrarie, cioè cercando di rendere necessaria, agevole, vantaggiosa l’azione voluta».
[xviii] R. Thaler e C. Sunstein, Nudge. Improving decisions about health, wealth and happiness, New Haven, Yale University press, 2008; G. Pascuzzi, La spinta gentile verso le vaccinazioni, in Mercato Concorrenza Regole, 2018, 89-110.
[xix] Si veda, in ogni caso, l’art. 22 del Regolamento (UE) 2016/679 , relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, che riconosce il diritto di non essere sottoposti a una decisione basata unicamente su trattamenti automatizzati.
Una sintesi di questo articolo è apparsa su sul sito del quotidiano Domani del 5 febbraio 2021
Questo articolo, pubblicato su “Il Foro italiano” (2021, V, 10 ss.) costituisce una rielaborazione dell’intervento tenuto il 27 ottobre 2020 alla GIORNATA EUROPEA PER LA GIUSTIZIA CIVILE, dalle 14.30 alle 18.30. L’evento, che originariamente si sarebbe dovuto tenere presso l’Aula Magna della Corte d’Appello – Largo Pigarelli n.1 – Trento, si è tenuto a distanza.
Di seguito una foto della locandina e una videata dell’evento.