Molto si discute: a) sull’opportunità di introdurre un obbligo generalizzato di vaccinazione contro il covid; e b) sulla legittimità di subordinare l’accesso a determinati servizi (come la ristorazione) al possesso del certificato di vaccinazione (cosiddetto green pass). Proviamo a svolgere qualche considerazione.

In questo momento i vaccini sono l’arma più efficace che abbiamo contro questa epidemia. Sappiamo che maggiore è il numero di persone vaccinate maggiore è il tasso di protezione individuale e collettivo. Il decisore politico, quindi, si pone l’obiettivo di far vaccinare quanti più individui è possibile. Taluno dice: imponiamo l’obbligo vaccinale e il problema si risolve. Le cose però sono un po’ più complicate. Sorvolando su alcuni aspetti come la disponibilità effettiva di 120 milioni di dosi (ovvero almeno due dosi per ogni italiano), la capacità di inocularle tutte in un tempo ragionevole, l’esposizione dello Stato alle azioni di indennizzo per danni da vaccinazione obbligatoria ex legge 210/1990, soffermiamoci su un punto: la sanzione. Un obbligo viene osservato solo se adeguatamente sanzionato. Quale rischio correrebbe la persona che contravvenisse ad un obbligo vaccinale? Attualmente l’obbligo esiste per il personale sanitario (decreto legge 44/2021): se un medico o un infermiere rifiuta di adempiere all’obbligo vaccinale viene sospeso dal servizio per un certo tempo e rimane senza stipendio. Un altro obbligo vaccinale è previsto per i minori (sono le famose 10 vaccinazioni obbligatorie, decreto legge 73/2017): i genitori che non vaccinano i figli sono passibili di una sanzione pecuniaria. Orbene, se l’obiettivo è far vaccinare le persone ce ne facciamo ben poco del gettito della sanzione pecuniaria o di allontanare un medico dal servizio (privandosi, peraltro, di personale utile a combattere altre malattie). La sanzione dovrebbe essere l’obbligo di sottoporsi davvero a vaccino. Ora, a parte le problematiche giuridiche che questo comporterebbe, guardiamo al dato pratico. Supponendo che in Italia i “novax a prescindere” siano il 5% della popolazione, per far rispettare l’obbligo si dovrebbe disporre il trattamento sanitario obbligatorio per 3 milioni di persone (che significa: mandare i carabinieri a casa del soggetto, farsi autorizzare dal sindaco, portare la persona in ospedale, fargli l’iniezione contro la sua volontà e così via): ci vorrebbero decenni.

Malgrado l’imposizione dell’obbligo vaccinale non si riuscirebbe a vaccinare tutti. O meglio: chi non vuole vaccinarsi difficilmente lo farebbe anche se ci fosse l’obbligo.

Ma la logica obbligo/sanzione non è l’unica percorribile.

In un saggio del 1969 dal titolo “Sulla funzione promozionale del diritto”, Norberto Bobbio ha scritto: «Si può distinguere un ordinamento protettivo-repressivo da un ordinamento promozionale. Al primo interessano soprattutto i comportamenti socialmente non desiderati, onde il suo fine precipuo è di impedirne quanto più è possibile il compimento; al secondo interessano soprattutto i comportamenti desiderati, onde il suo fine è di provocarne il compimento anche nei confronti dei recalcitranti. Per raggiungere il proprio fine un ordinamento repressivo compie operazioni di tre tipi in quanto vi sono tre modi tipici di impedire un’azione non voluta: renderla impossibile, renderla difficile, renderla svantaggiosa. Simmetricamente si può dire che un ordinamento promozionale cerca di raggiungere il proprio fine attraverso le tre operazioni contrarie, cioè cercando di rendere necessaria, agevole, vantaggiosa l’azione voluta».

In sintesi: il diritto può scoraggiare, punendolo, il comportamento non voluto ma può anche incoraggiare, premiandolo, il comportamento voluto. Così, anziché punire chi non si vaccina si può premiare chi si vaccina al fine di incentivare questo secondo atteggiamento.

È quello che, di fatto, sta accadendo con il green pass. L’aver stabilito che a partire dal 5 agosto l’accesso ad alcune attività è consentita solo ai possessori delle certificazioni verdi (art. 3 del decreto legge 105/2021) ha prodotto un incremento delle richieste di vaccinazioni specie tra i più giovani per i quali il green pass è lo strumento per muoversi in libertà. La logica dell’incentivo è ancora più chiara se si guarda alla decisione assunta dal Presidente degli Stati Uniti di elargire 100 dollari ad ogni persona che si vaccina. Naturalmente anche la logica dell’incentivo può avere dei limiti. Ad un professionista ricevere 100 euro non cambia la vita. Su un anziano a basso reddito il green pass ha scarso appeal perché al ristorante non ci va mai.

Alla luce di quanto detto sin qui si possono svolgere delle considerazioni finali.

a) L’obiettivo è quello di vaccinare il maggior numero di persone possibile.

b) L’obbligo vaccinale difficilmente raggiunge l’obiettivo di vaccinare davvero tutti perché non è possibile (per ragioni giuridiche e pratiche) assistere tale obbligo con una sanzione davvero efficace (d’altronde non tutti pagano le tasse a dispetto dell’obbligo).

c) Più promettente appare la logica dell’incentivo alla vaccinazione purché si sappiano individuare gli incentivi giusti per le diverse categorie di persone.

d) Obbligo e incentivi nulla possono quando le posizioni si polarizzano sempre di più. Quando un noto virologo paragona su twitter chi non si vaccina ai sorci non solo non convince nessun indeciso, ma lo conferma nella decisione di non vaccinarsi. Stesso discorso può farsi per chi vede nel green pass un obbligo mascherato.

e) Lo snodo, adesso, è quello delle persone indecise. A queste persone non ci si rivolge facendo la voce grossa, o minacciandole, o dando per scontato che siano degli stupidi. Ma ascoltando, comprendendo e aiutando a superare i dubbi. Io ero tra gli indecisi. Mi sono vaccinato non per fede, ma dopo aver parlato a lungo con la mia dottoressa di fiducia che ha avuto la pazienza di ascoltarmi e ha trovato gli argomenti giusti. Giusti perché adatti a me.

f) Il governo ha scelto la strada dei grandi hub vaccinali. Probabilmente non c’erano alternative. Ma forse il problema di vaccinare chi non ancora si è vaccinato (specie se over 60) si può affrontare meglio facendo leva sui medici di base che, teoricamente, dovrebbero raggiungere tutta la popolazione. Specie quella più fragile. Se così non fosse non avremmo un problema vaccinale ma un problema di sicurezza sociale.

l’Adige, 4 agosto 2021

 

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