La “categoria” del dovere morale sembra essere tornata in auge.
Tanti sostengono che vaccinarsi contro il covid sia un dovere morale (e civico). In tutt’altro contesto, molti sostengono che sia un dovere morale per gli USA e gli altri Stati occidentali coinvolti non lasciare alla mercé dei talebani gli afghani che per 20 anni hanno collaborato con loro.
Proviamo a svolgere qualche riflessione.
Un primo dato a venire in rilievo è la (ri)emersione della consapevolezza che la nostra vita non è regolata solo da obblighi giuridici. Occorre rispettare anche norme sociali e regole non scritte: teniamo ad alcuni principi che fanno parte del comune sentire al di là di quanto previsto nelle leggi.
Ma la (ri)emersione del valore dell’obbligo morale pone una serie di problemi.
Innanzitutto c’è la necessità di definire il discrimen tra obbligo giuridico ed obbligo morale. Taluno lo coglie nella mancanza, nel secondo, della sanzione che invece caratterizza il primo. Affermazione vera se per sanzione si intende solo un’afflizione fisica o pecuniaria. Ma anche lo stigma sociale (che segue la violazione di obblighi morali) è una sanzione a volte molto gravosa.
Occorre poi capire se e in che modo l’obbligo morale diventa rilevante sul piano giuridico e con quali conseguenze.
C’è anche la complicazione derivante dal fatto che non esiste una sola morale, e che i valori morali possono entrare in conflitto (è morale vaccinare tutti gli italiani quando non ci sono vaccini per tutti nel mondo? è morale non sospendere i brevetti sui vaccini?). Un esempio di quanto delicato sia questo aspetto lo abbiamo guardando al dibattito di questi giorni sulla crisi afghana. Il Presidente Biden ha giustificato la sua scelta di ritirare le truppe sottolineando che “i soldati statunitensi non possono morire per persone che non vogliono combattere per difendere se stesse”: a guidarlo sembra essere stata ciò che possiamo definire “etica della convinzione”, ovvero il rispetto di principi/valori assoluti. Chi lo critica sostiene che non avrebbe dovuto decidere il ritiro della truppe senza considerare le conseguenze della sua azione (ovvero il fatto che probabilmente molti civili moriranno): questa diversa posizione può essere definita come “etica della responsabilità”.
La diversità dei possibili paradigmi morali può comportare il venir meno della funzione dello stigma sociale (che, come abbiamo visto, può essere la sanzione per la violazione dell’obbligo sociale). In una società sempre più atomizzata possono convivere valori di riferimento molto diversi: una persona può essere colpita da uno stigma sociale da un certo gruppo ma può essere considerato addirittura un eroe da un altro gruppo sociale che si riconosce in valori diversi al punto da mettere in discussione l’accettazione degli obblighi giuridici espressione dei valori non condivisi. Molto emblematica sul punto è la deriva che ha preso la polarizzazione tra pro-vax e no-vax. I non vaccinati sono considerati quasi dei “traditori” da chi ritiene che vaccinarsi sia un obbligo morale, mentre, all’opposto, diventano degli eroi per chi osteggia la strada vaccinale sulla base di altri sistemi valoriali (più o meno attendibili). Sia detto per inciso: la coesistenza di posizioni apparentemente inconciliabili è una delle caratteristiche della complessità, vera cifra del nostro tempo.
La necessità di governare detta complessità fa comprendere, una volta di più, la funzione del diritto. Il diritto è proprio lo strumento per trovare il filo comune che tiene insieme una comunità facendo sintesi di una morale collettiva condivisa. Non bisogna dimenticare che, in nome della morale, nei secoli sono state commesse inenarrabili atrocità.
Come si vede, il tema è molto complesso. Ma che si riapra una riflessione sulla rilevanza di una dimensione morale è circostanza da valutare con favore: ognuno, per se e la collettività nell’insieme, ha responsabilità che vanno oltre la mera dimensione giuridica.