“Homo oeconomicus” o “razionalità limitata”?

DiGiovanni Pascuzzi

15 Novembre 2024

La legislazione dell’UE emanata a tutela del consumatore fa spesso riferimento alla nozione di “consumatore medio”.

Ma chi è il “consumatore medio”?

Una persona che corrisponde alla nozione di “homo oeconomicus” elaborata dalla economia classica, perfettamente razionale?

Oppure alla persona con “razionalità limitata” descritta negli studi economici e psicologici più recenti?

Con l’ordinanza 10 ottobre 2022 n. 8650, il Consiglio di Stato (Sezione VI), ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea le seguenti questioni pregiudiziali:

A) Se la nozione di consumatore medio di cui alla Direttiva 2005/29/CE inteso come consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto – per la sua elasticità ed indeterminatezza – non debba essere formulata con riferimento alla miglior scienza ed esperienza e di conseguenza rimandi non solo alla nozione classica dell’homo oeconomicus ma anche alle acquisizioni delle più recenti teorie sulla razionalità limitata che hanno dimostrato come le persone agiscono spesso riducendo le informazioni necessarie con decisioni “irragionevoli” se parametrate a quelle che sarebbero prese da un soggetto ipoteticamente attento ed avveduto acquisizioni che impongono una esigenza protettiva maggiore dei consumatori nel caso – sempre più ricorrente nelle moderne dinamiche di mercato – di pericolo di condizionamenti cognitivi.

B) Se possa essere considerata di per sé aggressiva una pratica commerciale nella quale, a causa dell’incorniciamento delle informazioni (framing) una scelta possa apparire come obbligata e senza alternative tenendo conto dell’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva che considera ingannevole una pratica commerciale che in qualsiasi modo inganni o possa ingannare il consumatore medio «anche nella sua presentazione complessiva.

News n 3 giustizia amministrativa

Consiglio di Stato (Sezione VI), ordinanza 10 ottobre 2022 n. 8650

 

 

Commenti alla decisione

Carlo Bona e Nicolao Bonini,  Tutela del consumatore e nuovi paradigmi scientifici: scienze cognitive e neuroscienze varcano la soglia di palazzo Spada, in Il Foro Italiano, 2022, III, 542.

Franco Trubiani, Le incerte sorti del “consumatore medio” tra condizionamenti cognitivi e nuove aperture della giurisprudenza, in Accademia, 2023, 101.

Edoardo Bacciardi, Lo standard del consumatore medio tra homo oeconomicus e homo heuristicus, in Accademia, 2023, 77.

Andrea Magliari, Consumatore medio, razionalità limitata e regolazione del mercato in Rivista della regolazione dei mercati, v. 2023, n. 2 (2023), p. 374-398.

Ludovica Sposini, Dal consumatore medio alla razionalità limitata nella Direttiva n. 29/2005 CE, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata,  2023, fasc. 4, p. 787-793.

Sentenze che hanno citato l’ordinanza del Consiglio di Stato

Cons. Stato, Sezione VI, sentenza 17 maggio 2024 n. 4422.

 


Il 25 aprile 2024 l’Avvocato generale Nicholas Emiliou ha presentato le proprie Conclusioni.

Di seguito le Conclusioni rassegnate dell’Avvocato generale:

100. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudizialiproposte dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:
La direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratichecommerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio eil regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») deve essere interpretata nel senso che il «consumatore medio» non è necessariamente un individuo razionale chesi attiva per ottenere le informazioni rilevanti, elabora razionalmente le informazioni a lui presentate ed è pertantoin grado di adottare decisioni consapevoli. Benché, in taluni casi, il «consumatore medio» possa essere consideratoin grado di agire razionalmente e di adottare una decisione consapevole, la nozione è sufficientemente flessibile daconsentire di considerarlo, in altri casi, come una persona dotata di «razionalità limitata», che agisce senzaottenere tutte le informazioni rilevanti o che è incapace di elaborare le informazioni che le vengono fornite inmaniera razionale (comprese le informazioni che le vengono presentate dal professionista).

Gli articoli 8 e 9 di detta direttiva devono essere interpretati nel senso che una pratica commerciale con cui un professionista non solo vende due prodotti in abbinamento, ma presenta le informazioni ai suoi clienti in modo tale da indurli a credere che debbanonecessariamente acquistare i due prodotti insieme, non è di per sé «aggressiva», ai sensi della direttiva 2005/29.Le autorità competenti degli Stati membri devono valutare una siffatta pratica commerciale «nella fattispecieconcreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso» per stabilire se essa soddisfi i requisitiprevisti nelle suddette disposizioni. L’onere della prova non è trasferito a carico del professionista. Tuttavia, se altermine di tale valutazione tali autorità concludono che la pratica commerciale è «aggressiva» ai sensi delledisposizioni di cui trattasi, esse sono tenute a vietarla. A tal proposito esse possono, ad esempio, imporre che la firma dei contratti per i due prodotti sia separata da un intervallo di sette giorni. Inoltre, qualora i due prodotti siriferiscano a «servizi finanziari», gli Stati membri possono adottare norme al fine di vietare la vendita abbinata ditali prodotti, in applicazione della lex specialis di cui all’articolo 3, paragrafo 9, della medesima direttiva.

Qui il testo completo delle Conclusioni.

Commenti alle Conclusioni dell’Avvocato generale

Tom Bouwman,  Homo economicus or bounded rationality? AG Emiliou on the average consumer benchmark (C-646/22), in ConsumerID, 3 maggio 2024

Compass Banca: AG Emiliou clarifies conditions in which cross-selling can be regarded as ‘aggressive’, and therefore as ‘unfair’, within the meaning of Directive 2005/29 in EuLawLive, 25 aprile 2024

 


Con sentenza 14 novembre 2024 (nella causa C-646/22) la Quinta Sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con l’ordinanza 10 ottobre 2022 n. 8650, statuendo i seguenti principi

1) La direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»),
deve essere interpretata nel senso che:
la nozione di «consumatore medio», ai sensi di tale direttiva, deve essere definita con riferimento a un consumatore normalmente informato nonché ragionevolmente attento ed avveduto. Una siffatta definizione non esclude tuttavia che la capacità decisionale di un individuo possa essere falsata da limitazioni, quali distorsioni cognitive.
2) L’articolo 2, lettera j), l’articolo 5, paragrafi 2 e 5, nonché gli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29 devono essere interpretati nel senso che:
la pratica commerciale consistente nel proporre simultaneamente al consumatore un’offerta di finanziamento personale e un’offerta di un prodotto assicurativo non collegato a tale prestito non costituisce né una pratica commerciale in ogni caso aggressiva né una pratica commerciale considerata in ogni caso sleale, ai sensi di taledirettiva.

Qui il testo completo della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 novembre 2024 (causa C-646/22).

 

Di seguito il passaggio relativo alla nozione di consumatore medio:

41. In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza dell’8 settembre 2022, IRnova, C-399/21, EU:C:2022:648, punto 22).

42. Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che con la sua prima questione il giudice del rinvio intende accertare se, ai fini dell’interpretazione della nozione di «consumatore medio», ai sensi della direttiva 2005/29, in particolare del suo articolo 8, occorra fare riferimento non solo all’«homo oeconomicus», vale a dire, in sostanza, a un operatore economico perfettamente razionale nel prendere una decisione, ma anche agli studi più recenti riguardanti la teoria della «razionalità limitata», secondo la quale la capacità decisionale di un consumatore «risente dei limiti delle capacità cognitive di chi deve prendere la decisione rispetto al numero di stimoli ricevuti, alla capacità di mantenere nel tempo la propria attenzione e alla capacità di conservare la memoria di tutte le informazioni ricevute».

43. In tali circostanze, occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se la direttiva 2005/29 debba essere interpretata nel senso che la nozione di «consumatore medio», ai sensi di tale direttiva, deve essere definita non soltanto con riferimento a un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, ma anche tenendo conto del fatto che la capacità decisionale di un individuo è falsata da limitazioni, quali le distorsioni cognitive.

44. In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2005/29 fa riferimento alla nozione di «consumatore medio» al fine di determinare se una pratica commerciale contraria alle norme di diligenza professionale sia tale da produrre un effetto sufficiente a giustificare il suo divieto in quanto pratica commerciale sleale, o se si debba ritenere che essa, in quanto idonea ad indurre in errore soltanto un consumatore molto sprovveduto o ingenuo, sfugga a tale divieto.

45. Questa stessa nozione è ripresa agli articoli da 6 a 8 di tale direttiva che, come risulta dall’articolo 5, paragrafo 4, di detta direttiva, precisano il modo in cui i due criteri stabiliti all’articolo 5, paragrafo 2, della medesima, per qualificare una pratica come sleale, si applicano a talune forme particolari di pratiche commerciali sleali.

46. Orbene, per quanto riguarda l’interpretazione che occorre dare a tale nozione, dal considerando 18 della stessa direttiva emerge che, sebbene sia opportuno proteggere tutti i consumatori dalle pratiche commerciali sleali, la Corte ha dichiarato, nel deliberare in cause relative alla pubblicità dopo l’entrata in vigore della direttiva 84/450, che occorreva esaminare l’effetto delle pratiche commerciali «su un virtuale consumatore tipico».

47. Da detto considerando deriva anche che, conformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la direttiva 2005/29 prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici.

48. Ne consegue che, come dichiarato dalla Corte nel contesto della direttiva 93/13, tale riferimento al consumatore medio costituisce un criterio oggettivo e che la nozione di «consumatore medio» prescinde dalle conoscenze concrete che l’interessato può avere o dalle informazioni di cui egli realmente dispone. Inoltre, non è riconducibile a tale criterio oggettivo né il consumatore meno avveduto di tale consumatore medio, né il consumatore più avveduto di quest’ultimo [v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C-139/22, EU:C:2023:692, punti 60, 61 e 66].

49. Ciò detto, va ricordato che la direttiva 2005/29 mira a garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, mediante l’armonizzazione delle disposizioni degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori (sentenza del 19 dicembre 2013, Trento Sviluppo e Centrale Adriatica, C-281/12, EU:C:2013:859, punto 31). Tale obiettivo è corroborato dai considerando 7, 11, 13 e 14 di tale direttiva, ai sensi dei quali sono vietate le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori, che falsano i loro comportamenti economici o che impediscono loro di scegliere in maniera consapevole e, di conseguenza, efficiente.

50. Inoltre, sebbene il considerando 18 di tale direttiva precisi la nozione di «consumatore medio», da tale considerando risulta altresì che tale nozione non è statica e che gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali devono esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella fattispecie.

51. Di conseguenza, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, stabilire quale sia la reazione del consumatore medio rispetto a una determinata prassi commerciale «non può essere un’attività puramente teorica». Occorre tener conto anche di considerazioni più attinenti alla realtà, purché compatibili con le precisazioni fornite riguardo a tale nozione dal considerando 18 della direttiva 2005/29.

52. Indubbiamente, secondo detto considerando, il consumatore medio è una persona, da un lato, normalmente informata e, dall’altro, ragionevolmente attenta ed avveduta. Tuttavia, dato che, conformemente all’articolo 7 della direttiva 2005/29, spetta al professionista fornire ai consumatori le informazioni rilevanti di cui questi ultimi hanno bisogno, nella fattispecie concreta, per prendere la loro decisione, tale caratteristica del consumatore medio, di essere «normalmente informato», deve essere intesa come riferita alle informazioni che si possono ragionevolmente presumere note ad ogni consumatore, tenendo conto dei pertinenti fattori sociali, culturali e linguistici, e non alle informazioni proprie dell’operazione di cui trattasi. Di conseguenza, detta caratteristica non esclude che una pratica commerciale possa falsare in misura rilevante il comportamento economico di tale consumatore virtuale a causa di una carenza informativa di quest’ultimo.

53. Del pari, il fatto che la nozione di «consumatore medio» debba essere intesa con riferimento a un consumatore «ragionevolmente attento ed avveduto» non esclude la presa in considerazione dell’influenza di distorsioni cognitive su tale consumatore medio, purché sia dimostrato che tali distorsioni possano colpire una persona normalmente informata nonché ragionevolmente attenta ed avveduta, e ciò in misura tale che il suo comportamento ne risulterebbe falsato in misura rilevante.

54. Inoltre, la Corte ha già rilevato che un consumatore medio può essere indotto in errore e che, di conseguenza, non possa effettuare le sue scelte commerciali né in modo consapevole né in modo efficiente (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Trento Sviluppo e Centrale Adriatica, C-281/12, EU:C:2013:859, punti 34 e 38).

55. Inoltre, la Corte ha dichiarato, nel settore dei marchi dell’Unione europea, che occorre prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C-342/97, EU:C:1999:323, punti 25 e 26).

56. Essa ha poi già avuto l’occasione di constatare che una percezione errata di un’informazione può essere stata suggerita al consumatore medio (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, Canal Digital Danmark, C-611/14, EU:C:2016:800, punti 40 e 41) e che è improbabile che il consumatore medio disponga, in determinati settori, della competenza tecnica per comprendere tutti gli elementi di un’eventuale offerta al fine di effettuare una scelta in maniera pienamente razionale (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C-54/17 e C-55/17, EU:C:2018:710, punti da 50 a 52).

57. Ciò detto, se è vero che la capacità di decisione di un consumatore può essere falsata da un insieme di limitazioni, come le distorsioni cognitive, ciò non implica tuttavia che si debba necessariamente ritenere che qualsiasi rischio di insorgenza di una distorsione cognitiva in occasione di una pratica commerciale abbia necessariamente l’effetto di falsare, in misura rilevante, il comportamento di tale consumatore virtuale. Occorre inoltre che sia debitamente dimostrato che, nelle specifiche circostanze di una situazione concreta, una siffatta pratica sia tale da incidere sul consenso di una persona normalmente informata nonché ragionevolmente attenta ed avveduta, e ciò in misura tale che il suo comportamento ne sarebbe falsato in misura rilevante.

58. Infatti, spetta, in realtà, agli organi giurisdizionali nazionali determinare la reazione tipica del consumatore medio in una determinata situazione (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, Canal Digital Danmark, C-611/14, EU:C:2016:800, punto 39).

59. Alla luce dell’insieme dei motivi che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2005/29 deve essere interpretata nel senso che la nozione di «consumatore medio», ai sensi di tale direttiva, deve essere definita con riferimento a un consumatore normalmente informato nonché ragionevolmente attento ed avveduto. Una siffatta definizione non esclude tuttavia che la capacità decisionale di un individuo possa essere falsata da limitazioni, quali distorsioni cognitive.

 

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