Molte polemiche ha provocato l’emanazione della cosiddetta “norma anti-rave” che è stata inclusa dall’esecutivo in un decreto legge approvato nella prima seduta del nuovo governo.
È diffusa la convinzione che non esista problema (dalla disoccupazione al “caro bollette”, dall’emergenza rifiuti al cyberbullismo) che non possa essere risolto con l’emanazione di una legge ad hoc. Ma è davvero così? E, soprattutto, quali caratteristiche deve avere una legge perché sia efficace ovvero risolva davvero il problema che si propone di affrontare?
Gli studi sulla regolazione suggeriscono che per redigere una buona legge occorre esaminare alcuni elementi che proverò di seguito a sintetizzare.
1. Qual è il problema e perché è un problema? Un primo passaggio è definire esattamente il problema che si desidera affrontare e per chi e perché un determinato fenomeno della realtà è un problema. Un problema, infatti, non è un dato oggettivo. La disoccupazione è un problema per chi non trova lavoro, ma non è un affatto un problema per chi può contare su una ampia disponibilità di manodopera impiegabile a basso costo visto l’eccesso di offerta. Un problema, alla fin fine, è un punto di vista. Definire un fenomeno come tale è un’opzione politica: l’assembramento creato da un rave non fa nessuna paura a chi partecipa a dette manifestazioni come non fa paura l’assembramento a chi si accalca davanti ai grandi magazzini nel giorno di inizio dei saldi (o nei mercatini di Natale). Definire esattamente il problema serve anche ad evitare che una norma invocata per porre fine a situazioni indesiderate si applichi (per una sorta di eterogenesi dei fini) anche a situazioni che indesiderate non sono.
2. L’obiettivo. In seconda battuta occorre chiarire esattamente l’obiettivo che si vuole perseguire. Vietare una condotta? Limitarla? Orientare i comportamenti? Quando la legge impone che sui pacchetti di sigarette ci sia scritto “il fumo nuoce gravemente alla salute” l’obiettivo è vietare una azione o soltanto scoraggiarla? Quando si interviene per salvare un’azienda siderurgica in crisi l’obiettivo deve essere salvare i posti di lavoro o tutelare l’ambiente (sapendo che le due cose possono entrare in conflitto)?
3. Lo strumento. Un medesimo obiettivo può essere ottenuto utilizzando strategie diverse. È più efficace punire pesantemente (anche con il carcere) chi non paga le tasse oppure premiare (anche solo con semplificazioni di natura burocratica) chi si mostra nel tempo fedele al fisco? L’obiettivo di incrementare l’occupazione si ottiene sanzionando i licenziamenti o incentivando le assunzioni? Nella scelta dello strumento conta molto il significato simbolico delle norme. Prevedere una sanzione detentiva fa capire che una condotta è considerata altamente indesiderata. Ma se poi la norma non viene applicata o non ottiene gli effetti desiderati (in alcuni Paesi è prevista addirittura la pena di morte, ma non per questo diminuiscono gli omicidi) ecco che quel significato simbolico si perde e si profila lo scenario proprio delle grida manzoniane.
4. La produzione di alternative. Siamo di fronte ad una realtà che cambia in maniera tumultuosa. Dobbiamo misurarci con problemi nuovi (chi si preoccupava, solo 30 anni fa, del cambiamento climatico?). Ecco che nasce la necessità di immaginare anche nuovi modi di rispondere ai problemi vecchi e nuovi. Se si guarda agli ultimi anni c’è tutto un fiorire di nuovi strumenti che vanno incontro proprio a detta esigenza. Le cosiddette “società benefit”, ad esempio, sono state create per fare in modo che le società uniscano alla tradizionale finalità di produrre utili anche finalità di beneficio per la collettività. La patente a punti mira a favorire i comportamenti virtuosi alla guida. Ogni problema che si presenta può essere l’occasione per immaginare nuovi strumenti in grado di sia di fronteggiare i fenomeni sia di raggiungere una pluralità di obiettivi desiderabili.
5 La capacità di fare previsioni sull’impatto delle leggi. Viene naturale pensare che la sanzione penale scoraggi un certo comportamento. Ma è davvero così? La realtà è che le persone non sono esseri razionali perfetti. Noi agiamo sulla base di una “razionalità limitata”: seguiamo scorciatoie mentali; abbiamo una fiducia eccessiva nelle nostre capacità; siamo più sensibili alle perdite che ai guadagni; tendiamo a perpetuare lo status quo; abbiamo poco autocontrollo e così via. Il legislatore deve porsi il problema di quale sarà il reale impatto di una nuova legge cercando di prevedere in che modo i consociati reagiranno alla nuova regola. Chi scrive le regole può anche servirsi di “spinte gentili” (nudge) per portare le persone a comportarsi nel modo considerato ottimale.
Gli studi sulla regolazione (e quella che dall’Unione europea viene chiamata “better regulation”) ci fanno capire che legiferare non è affatto semplice.