La notizia lascia basiti: alcuni parlamentari europei avrebbero preso fiumi di denaro per difendere, nell’esercizio delle loro funzioni, le idee e gli interessi di Stati mediorientali che non brillano per il rispetto di elementari diritti umani.
Ovviamente il principio di non colpevolezza fino a sentenza di condanna vale per tutti e, quindi, anche per questi parlamentari. Ma la vicenda induce comunque a svolgere qualche riflessione.
1. Il tema di fondo è quello del ruolo dei soggetti che svolgono funzioni di rappresentanza politica e istituzionale. Un esempio è utile a comprendere la portata del tema. Qualche tempo dopo aver lasciato la carica di Presidente della Commissione europea (dal 2004 al 2014) Josè Barroso accettò un incarico dirigenziale da parte della società Goldman Sachs. La notizia destò scalpore perché Goldman Sachs aveva avuto un ruolo rilevante nell’innescare la crisi finanziaria dei cosiddetti “mutui subprime” e quella crisi influì (e forse continua ad influire) anche sull’economia europea e sull’Euro. Cosa pensare del fatto che il massimo esponente della Commissione europea aveva assunto un incarico rilevante in una società che ha creato problemi alla stessa Europa? Un comitato etico dell’UE richiesto di parere dal successore di Barroso, Juncker, nel 2016 ha statuito che Barroso non è venuto meno all’obbligo di integrità ai sensi delle norme vigenti (in particolare: l’articolo 245, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Ma per molti, quella vicenda ha gettato un’ombra sulla credibilità delle istituzioni comunitarie.
2. Il tema è strettamente connesso a quello delle lobby. Il termine è usato per definire quei gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi. Le notizie di questi giorni ci fanno capire che forse il lobbista non è più solo quello che cerca di influire sul decisore politico ma coincide con esso.
3. Si potrebbe essere indotti a credere che il problema sia l’ennesima espressione del clima da basso impero che stiamo vivendo caratterizzato da una corruzione dilagante, un problema che si risolve inasprendo le norme penali o moltiplicando i codici etici (in un’epoca che ha scordato cosa l’etica sia). Ma, forse, la dimensione è più profonda ed attinge alla differenza tra la rappresentanza politica e la rappresentanza degli interessi.
In un libro pubblicato quasi 40 anni fa («Il futuro della democrazia»), Norberto Bobbio elencò le promesse non mantenute dalla democrazia sostenendo che una di queste è l’educazione alla cittadinanza. Il passaggio da suddito a cittadino passa proprio dalla educazione alla democrazia che poi è l’esercizio stesso della pratica democratica. Nel suo libro, il noto filosofo del diritto ricordava John Stuart Mill che distingueva i cittadini in attivi e passivi precisando che in genere i governanti preferiscono i secondi perché è tanto più facile tenere in pugno sudditi docili o indifferenti, anche se la democrazia ha bisogni dei primi. Ma Bobbio ricordava che già nel 1848 Tocqueville si chiedeva se non fosse aumentato il numero di coloro che votano per interessi personali e non fosse diminuito il voto di chi vota sulla base di un’opinione politica tacciando questa tendenza come espressione di una morale bassa e volgare seguendo la quale chi gode dei diritti politici ritiene di farne un uso personale nel proprio interesse.
4. Da molto tempo sentiamo tante persone ripetere che non esistono più le ideologie, che categorie come destra e sinistra non hanno alcun significato, che la politica deve risolvere i problemi delle persone. Parimenti da tanto tempo vediamo tanti politici, di ogni orientamento, strizzare l’occhio a questo o a quel portatore di specifici interessi.
Ma chi pensa di dover solo rappresentare interessi può prestarsi a difendere non solo gli interessi di semplici categorie di cittadini ma anche e forse soprattutto gli interessi di grandi potentati che spesso sono in contrasto con gli interessi dei più.
Esasperare il paradigma della rappresentanza degli interessi riduce non solo la rappresentanza politica ma offusca ogni capacità di visione che sola può permettere la coesistenza pacifica, virtuosa e produttiva dei diversi interessi. Senza visione non c’è futuro. A tacere del fatto che la visione politica porta con sé una visione etica che la mera rappresentanza degli interessi spesso sacrifica in nome della convenienza materiale.