Ho conosciuto di persona il Presidente Franco Frattini a gennaio di quest’anno.
Appena nominato Consigliere di Stato gli scrissi una mail per comunicargli che mi avrebbe fatto piacere presentarmi a lui. Mi colpì ricevere la risposta dopo appena una manciata di minuti: mi disse che mi avrebbe incontrato volentieri. Fissammo la data che andava bene ad entrambi.
Il giorno previsto bussai alla sua porta (in quel momento era ancora Presidente Aggiunto). Mi disse di entrare. Mentre mi affacciavo all’uscio, lo vidi lasciare la sua scrivania per recarsi verso un salottino presente nella stanza. Mi strinse la mano e mi invitò ad accomodarmi su un divanetto. Lui prese posto su una sedia di fronte a me. I dettagli dicono tutto. Una scrivania di mezzo è un segnale implicito di distinzione di ruoli e di distanza. Diede per scontato che non dovesse esserci nulla a dividerci: io, appena arrivato nell’Istituto, lui, prossimo Presidente, esattamente sullo stesso piano. Questo dettaglio, come l’ho definito, mi fece avvertire un senso di sintonia. Ma non fu il solo.
Presentandomi gli dissi che ero stato nominato Consigliere di Stato dopo aver insegnato per 30 anni nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento. Gli si illuminarono gli occhi e percepii che esisteva tra noi un punto in comune di assoluta importanza: il legame con questa regione. Mi disse di quanto fortunato fossi a vivere tra queste montagne. E aggiunse: «Sai, come puoi immaginare, la vita qui a Roma è frenetica, difficile, piena di impegni. Io ogni volta che posso nel fine settimana vado a sciare in Provincia di Bolzano. Mi ritempra da ogni fatica. Ed il lunedì mattina quando rientro qui al lavoro sono pronto a ricominciare con nuova energia». Annuivo perché totalmente conscio delle sensazioni che mi stava comunicando con le parole.
Mi chiese dei miei interessi di studio. Gliene parlai e gli consegnai una copia del mio nuovo libro sulla cittadinanza digitale che allora era appena uscito. Mi parlò degli sforzi fatti per realizzare il processo amministrativo telematico con cui avevo cominciato a cimentarmi (si invoca sempre la digitalizzazione della giustizia, dimenticando che ci sono già delle realtà che funzionano bene) e mi inorgoglì sentirgli dire che l’Istituto avrebbe fatto tesoro delle mie competenze.
La seconda occasione di incontro ha coinciso, qualche settimana dopo, il 22 febbraio 2022, con la cerimonia del suo insediamento come Presidente del Consiglio di Stato.
Alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dopo l’intervento dell’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi, pronunciò il suo discorso che cominciò con queste parole: «Sono entrato in Consiglio di Stato a 29 anni e a 27 nella grande famiglia della Giustizia amministrativa come referendario al Tar. Ho sempre cercato di vivere con coerenza e continuità il mio servizio per le Istituzioni pubbliche, in Italia e in Europa. Uno spirito che mi impegno a conservare anche nei prossimi anni, a partire da oggi, coronando questo percorso alla guida di quella che noi Consiglieri di Stato abbiamo sempre considerato la nostra “casa madre”. Perché l’ambizione più grande, per coloro che hanno scelto di esercitare un’attività come la nostra non è di esercitare i poteri, ma di svolgere un servizio utile per le Istituzioni, proficue per la comunità».
E al ruolo della magistratura dedicò le parole conclusive di quel discorso: «Siamo quotidianamente a confronto con il cambiamento della società… e la risposta alle criticità che emergono arriva talvolta più rapidamente dal giudice che da altre Istituzioni. Cerchiamo di prevenire dove è possibile con indirizzi lungimiranti della giurisprudenza e tutelare dove necessario con rapidità e efficienza. … Ma perseguire l’efficienza non è tutto. Occorre contestualmente perseguire anche la credibilità. E non basta il principio supremo dell’indipendenza della Magistratura ad assicurare credibilità. L’indipendenza è di fatto un principio irrinunciabile per il giudice, ma non deve mai renderlo irresponsabile. Occorre dunque fare della responsabilità il vero fondamento dell’indipendenza e riconquistare così credibilità agli occhi dei cittadini. … Attraverso la fiducia dei cittadini nella cui coscienza risiede il presidio dei principi di autonomia ed indipendenza. Dobbiamo meritare fiducia quando i cittadini sono parte del processo, con sentenze chiare e ben motivate nelle loro scelte. Dobbiamo meritare fiducia quando si guardano dall’esterno gli operatori sociali ed economici del Paese, per comprendere l’interpretazione e l’applicazione delle regole, che sono al servizio della società e dell’economia, e non viceversa».
Il destino che governa le vicende umane ha trasformato quello che doveva essere un programma di lavoro in un testamento spirituale. Le parole appena citate riproducono i valori in cui il Magistrato Frattini ha creduto.
Ho intuito la gravità delle sue condizioni di salute solo nelle ultime settimane. Egli ha lavorato con serenità ed impegno fino all’ultimo.
In questi giorni di diffusa e sentita partecipazione al dolore per la sua scomparsa tanti hanno descritto il Presidente Frattini come un uomo gentile, riservato, competente ed equilibrato, sempre sorridente e disponibile all’ascolto, un servitore dello Stato senza eguali. Non posso che fare mio questo giudizio.