Dal 1° al 6 agosto Lisbona ospita la XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Il sito ufficiale dell’evento (www.lisboa2023.org) spiega che la GMG è un incontro di giovani provenienti da tutto il mondo con il Papa. È insieme un pellegrinaggio, una festa della gioventù, un’espressione della Chiesa universale e un forte momento di evangelizzazione nel mondo giovanile. Si presenta come un invito a una determinata generazione a costruire un mondo più giusto e solidale. Con un’identità chiaramente cattolica, è aperta a tutti, vicini o lontani dalla Chiesa. Si svolge ogni anno a livello diocesano, nella domenica di Cristo Re, e ogni due, tre o quattro anni come incontro internazionale, in una città scelta dal Papa, sempre con la sua presenza. Riunisce migliaia di giovani per celebrare la fede e l’appartenenza alla Chiesa. Fin dalla prima edizione, che si svolse a Roma nel 1986, la Giornata Mondiale della Gioventù si è affermata come laboratorio di fede, luogo di nascita delle vocazioni al matrimonio e alla vita consacrata e strumento di evangelizzazione e trasformazione della Chiesa. Una dettagliata storia della GMG, con i suoi documenti fondanti, è facilmente reperibile sul sito del Vaticano (www.vatican.va/gmg/).
Nell’apprendere dell’appuntamento di Lisbona mi è tornato alla mente un saggio che Stefano Rodotà scrisse nel 2009, dal titolo «Perché laico». Nel capitolo intitolato «La missione del laico» egli analizzò la GMG del 2000 (convocata dall’allora Papa Karol Wojtyła) svolgendo, in sintesi, le seguenti considerazioni:
a) Da troppi anni i laici si sono fatti incantare dalla sirena della fine delle ideologie e non si sono accorti che nuove parole forti stavano percorrendo il mondo, con i toni perentori di chi afferma che l’economia è l’unica idea e di chi cerca nella spiritualità religiosa l’unica possibile reazione.
b) I laici hanno accettato una versione non debole, ma flebile, della politica ridotta a buona amministrazione e privata da ogni orizzonte.
c) I giovani cattolici manifestano la loro adesione a un’idea forte di etica, di cultura, di politica. Da qui un insegnamento: se oggi si vuol parlare ai giovani (ma non soltanto a loro), si devono ritrovare gli accenti della nettezza, della moralità, anche dell’utopia. Un mondo di mediocri compromessi, di negazioni continue, fa smarrire il senso della missione civile, della cittadinanza attiva.
d) Durante la Rivoluzione francese nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), i laici, insieme a libertà ed eguaglianza, avevano scritto la parola «fraternità». Negli ultimi tempi, però, hanno dato la sensazione di aver tutto scambiato con il calcolo economico. Non deve sorprendere allora se le parole della Chiesa e del suo Papa abbiano il sembiante dell’unico pensiero di opposizione a un mondo in cui la logica di mercato si manifesta insofferente di ogni vincolo e controllo.
A molti anni di distanza si rivelano considerazioni di sconvolgente attualità. Provo ad aggiungerne qualcuna di natura personale.
1. Che migliaia di giovani si ritrovino per testimoniare l’adesione a determinati valori deve essere considerato un segno (tra i pochi, di questi tempi) di speranza.
2. In un mondo globalizzato l’unica istituzione che lancia un messaggio davvero universale è la Chiesa: i suoi valori accreditano l’idea di eguaglianza e propongono un modello universale di cittadinanza oltre la cornice degli Stati.
3. Dal Concilio Vaticano II in poi la Chiesa è impegnata ad interpretare i «segni dei tempi» ovvero gli avvenimenti storici sufficientemente densi, universali e ripetuti, colti dalla coscienza degli uomini, col significato speciale di rivelare la direzione verso cui si orienta consapevolmente l’umanità, in armonia con le sue necessità ed aspirazioni. È un modo per rinnovare costantemente le basi del pensiero cristiano dandogli senso nell’evolversi dell’agire umano.
4. Ovviamente si può non condividere quel tipo di impostazione. Resta il dato: non ci sono altre istanze che riescano a parlare contemporaneamente alle giovani generazioni di tutto il mondo. E la mobilitazione latita se a fare da guida è il pensiero flebile o il non pensiero.
5. Qualcuno ha detto che la Rivoluzione francese è stata per il pensiero laico ciò che il Concilio è stato per il pensiero cattolico. Come ricordato, una delle parole d’ordine di quell’evento epocale era «fraternità». Non può e non deve essere difficile mobilitare i giovani su una nuova idea di uguaglianza rivolta a tutta l’umanità che abiti un mondo globale non guidato dalla tecnica o dal mercato.
6. Se ad un pensiero cristiano e cattolico forte facesse riscontro un altrettanto forte pensiero laico (viceversa attualmente flebile, molto flebile) un grande giovamento si produrrebbe per l’intera società.
I giovani abiteranno il futuro. Forse non ne sono ancora consci, ma essi vi porteranno (nel futuro, dico) il distillato delle idee e dei valori che hanno guidato le generazioni che li hanno preceduti. Potranno fare tesoro di una ricchezza di approcci, spesso alimentati da radici comuni, che tornerà utile per affrontare le sfide che caratterizzeranno il loro tempo. Se ancora esiste, il pensiero laico potrebbe non lasciare sola la Chiesa nel difficile ma anche appagante compito di indicare il cammino.