Assistiamo ad una proliferazione di diritti. Già nel 1990 Norberto Bobbio scrisse un saggio dal titolo “L’età dei diritti” nel quale rilevava come storicamente ci sia stato un progressivo ampliamento dei diritti: a) civili; b) politici; c) sociali; d) umani. Oggi si parla di diritto all’ambiente salubre, di diritti del malato, di diritto ad un cyberspazio sicuro e chi più ne ha più ne metta.
È giusto ampliare la sfera dei diritti? Personalmente penso di si.
Occorre però intendersi sull’espressione “diritto a”.
Il “diritto” è una posizione attiva e di vantaggio a cui corrisponde una posizione di soggezione e di obbligo. Ho un diritto (effettivo) se qualcun altro deve: a) fare qualcosa oppure b) astenersi dal fare qualcosa per far si che quel diritto venga effettivamente esercitato. Il diritto di proprietà comporta che gli altri si astengano dal violare la mia proprietà. Il diritto alla pensione comporta che qualcuno la pensione la paghi. E così via. La violazione del diritto comporta di regola una sanzione di qualche tipo.
Esiste il diritto all’odio?
L’odio è uno stato d’animo, un’emozione, un sentimento. Gli stati d’animo possono diventare diritti? Cominciamo dal più ambito dei sentimenti: la felicità. Già la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776) menziona questo diritto: «Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità». Nel 2020 fu presentata una proposta di legge che prevedeva di inserire un nuovo inciso nel secondo comma dell’articolo 3 della nostra Costituzione che avrebbe dovuto avere questo tenore: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno godimento del diritto alla felicità, lo sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Il diritto alla felicità ha, al più, natura programmatica. Chi è obbligato ad assicurare la nostra felicità? Se sono convinto che la mia felicità dipenda dall’essere amato da una donna che non mi ama, la mia resterà solo un’aspirazione (a meno di non pensare che la propria felicità possa passare anche dall’infelicità altrui).
Veniamo all’odio, il sentimento degli infelici per definizione. Cosa tutelerebbe il diritto all’odio? Non l’oggetto odiato. C’è chi odia gli omosessuali ma c’è anche chi odia chi odia gli omosessuali. Io odio chi non paga le tasse, ma evadere le tasse può addirittura costituire l’oggetto del diritto alla felicità di un altro. Quindi la tutela dovrebbe riguardare il sentimento dell’odio in sé. C’è qualcuno che è obbligato a fare qualcosa per consentire che altri godano del proprio diritto di odiare? Evidentemente no: probabilmente siamo odiati a nostra insaputa. Paola Egonu è spesso sottoposta ad insulti ma certo non è obbligata a garantire che possa essere odiata e meno che mai è obbligata a sparire anche perché in tal caso l’odiatore vedrebbe evaporare il referente del proprio diritto ad odiare con conseguente svuotamento del diritto.
Resta la possibilità che l’odiatore agisca a tutela del proprio diritto ad odiare. Ma qui occorre ricordare che esistono addirittura dei reati di odio. Quindi l’odiatore può anche finire in carcere se dà sfogo in maniera sbagliata al proprio sentimento.
Di seguito provo ad elencare la gamma di nefandezze che può produrre l’odio, in ordine crescente di gravità.
5. Atteggiamenti basati sul pregiudizio (accettare gli stereotipi, non respingere le storielle sminuenti, trovare capri espiatori, biasimare le persone per il loro gruppo di appartenenza).
4. Comportamenti basati sul pregiudizio (insultare, ridicolizzare, escludere socialmente, raccontare storie sminuenti).
3. Discriminazione: sul lavoro, per l’alloggio, nello studio (atti ostili basati su etnia, religione, nazionalità, orientamento sessuale, identità di genere).
2. Violenza: sulle persone (es.: malmenare gli omosessuali) e sulle cose (es.: profanare cimiteri e luoghi di culto).
1. Genocidio.
In conclusione.
A mio avviso l’espressione “diritto di odiare” non significa nulla.
Devo precisare che, come sempre, non ho certezze. Ma non mi odio per questo. Anzi.