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Sono davvero tante le riforme (proposte o già in vigore) che riguardano i magistrati. Di seguito un piccolo inventario:

(i) il governo ha impresso una accelerazione alla risalente idea di separare le carriere tra giudici ordinari e pubblici ministeri;

(ii) alla Camera è stata presentata una proposta di legge (C.225) tesa alla “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’uso politico della giustizia”;

(iii) un’altra proposta di legge si prefigge di imporre ai magistrati in formazione l’obbligo di trascorrere almeno quindici giorni in carcere (pernottamento compreso) così da capire cosa provano i detenuti;

(iv) da più parti si insiste nel chiedere che il magistrato paghi di tasca propria gli errori che commette;

(v) sono stati introdotti i test psico-attitudinali per i magistrati (art. 5 d.lgs. 44/2024);

(vi) è stato istituito il fascicolo personale del magistrato con lo scopo di valutarne la produttività (art. 10-bis d.lgs. 44/2024).

Non è affatto scandaloso legiferare sulla magistratura. Anzi. Parimenti legittimo è nutrire perplessità su ciascuna delle iniziative citate: i test psico-attitudinali erano stati introdotti anche in Francia (decret n. 2008-1551) ma poi sono stati aboliti (nel 2017) perché ritenuti inattendibili; il fascicolo personale mira soprattutto ad una valutazione quantitativa preoccupandosi poco di incentivare la qualità delle sentenze.

In ogni caso, è difficile trovare altre categorie destinatarie di tanta attenzione. Sembra che ci sia profonda sfiducia nei magistrati e un desiderio inespresso di “punire” la categoria.

Ma perché si è verificata questa situazione?

Gli scandali recenti che hanno portato alla luce la deriva deteriore intrapresa nella gestione delle carriere anche a causa del travalicamento del ruolo delle correnti della magistratura hanno creato profondo sconcerto. Non a caso il Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato in sede di insediamento per il secondo mandato (3/2/2022), ha detto: «I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario…La Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia».

Ma il tema è solo quello della credibilità dei magistrati (spesso considerati come una “casta”)? O non esiste anche una montante forma di insofferenza verso le regole e i meccanismi che ne assicurano l’applicazione?

Di regola i riflettori sulla giustizia si accendono in occasione di inchieste che vedono coinvolti politici o, comunque, quando si parla di giustizia penale. Ma la giurisdizione penale è solo una parte della giurisdizione ordinaria nella quale esiste anche la giurisdizione civile. Ed inoltre esistono anche altre giurisdizioni: amministrativa, tributaria, contabile e altre ancora. Le giurisdizioni esistono a tutela dei cittadini ogni volta che gli stessi chiedono giustizia. In ogni processo se c’è una parte che perde (malvolentieri), c’è anche una parte che vince, ovvero che vede riconosciute le proprie ragioni.

Giurisdizione è tutto ciò che risponde alla domanda di giustizia che viene dalla società. Le domande di giustizia nascono da conflitti che spesso si caricano di significati sociali. Il giudice, quindi, è chiamato a dare torto o ragione in conflitti che si alimentano dell’umanità propria di ognuno di noi.

Il giudizio finale, nel processo, è proprio del giudice che ne porta il peso e la responsabilità (può essere utile leggere, in tema, il recente libro di Alessio Lo Giudice, filosofo del diritto, dall’evocativo titolo: «Il dramma del giudizio»). Ma nel processo un ruolo fondamentale viene svolto dalle parti in conflitto e, soprattutto, dai loro avvocati (giustamente ricordati dal Presidente Mattarella nel discorso prima richiamato). Il giudice si pronuncia su richieste di tutela che vengono dai cittadini per il tramite degli avvocati che pure sopportano responsabilità non indifferenti e contribuiscono in maniera significativa a rispondere alle domande di giustizia.

Di fronte ai tanti mali della giustizia si potrebbe semplificare tutto decidendo di abolire giudici e tribunali.

Ma una società che non prevedesse degli strumenti a tutela dei cittadini che si ritengono lesi nei loro diritti e interessi sarebbe una società migliore? Si parla tanto di intelligenza artificiale: una società che delegasse alle macchine la soluzione dei conflitti tra gli umani sarebbe una società migliore?

I magistrati devono essere e sembrare credibili. Non si può transigere su questo.

Come cittadini non dobbiamo dimenticare che i giudici non sono bravi se ci danno ragione e pessimi se ci danno torto. I giudici, insieme agli avvocati e a tutte le persone che lavorano per far funzionare la macchina della giustizia, cercano di assicurare che le regole vengano rispettate e che i diritti prevalgono.

Ovviamente, la giustizia umana è fallibile. Ma i processi sono un male necessario: perché una società senza regole e senza strumenti per farle rispettare non può esistere.

l’Adige, 23 maggio 2024

Alto Adige, 25 maggio 2024

 

 

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