C’era una volta il bisogno d’aiuto

Si moltiplicano le notizie di aggressioni fisiche anche gravi ad insegnanti e personale sanitario, medici in particolare. Difficile spiegare le ragioni dell’acutizzarsi di questo problema.
A volte i medici sono aggrediti da persone con grave disagio psichico. Ma certamente esistono anche altre ragioni. L’aumento dell’aggressività sociale latente. Il venir meno della fiducia nelle istituzioni. L’effetto dirompente delle notizie di abusi professionali (es.: i casi di malasanità). Il crescente (ancorché razionalmente inspiegabile) scetticismo verso il sapere scientifico e pedagogico.
Ma anche queste considerazioni non spiegano fino in fondo il fenomeno. Chi aggredisce dimentica che i medici salvano vite quotidianamente aiutando le persone a combattere le malattie, e dimentica che gli insegnanti aiutano a diventare adulti, competenti e maturi, milioni di ragazzi. E si sa: fa più rumore un albero che cade che una intera foresta che cresce.
È possibile, allora, che esista una spiegazione più profonda dei fenomeni di aggressività di cui stiamo parlando. Tale spiegazione muove dal fatto che medici (ovvero: personale sanitario in genere) e insegnanti hanno in comune il fatto di esercitare “professioni d’aiuto”, ovvero professioni che si prendono cura di persone che si trovano in uno stato bisogno (inteso in senso ampio).
Conviene chiedersi se un ingrediente importante dei fenomeni da cui siamo partiti non stia nello smarrimento della capacità delle persone di essere parte di una relazione d’aiuto ovvero della capacità di percepire di aver bisogno di aiuto e di essere consapevoli di ciò che questo comporta.
Questo che si è appena definito smarrimento della consapevolezza di aver bisogno di aiuto trova alimento in tante cose.
Molte persone hanno maturato proprie filosofie di vita che portano ad avere proprie convinzioni (incrollabili, va da sé) circa i processi terapeutici e quelli pedagogici. Da qui la certezza di saperne di più dei medici e degli insegnanti. Altri si affidano all’Università di Internet per cui finiscono per dare più credito a sciamani, guru e imbonitori che non a chi ha studiato medicina oppure pedagogia. Altri ancora sono scettici per natura per cui di fronte a medici e insegnanti si pongono nella posizione propria di chi dice: “mi devi convincere che quello che stai proponendo sia un bene per me”, con il risultato che se l’esperto non è anche un bravo persuasore finisce per parlare al vento.
Ma forse c’è una causa ancora più rilevante. Tanti si sono convinti che l’unica cosa che conti sia il risultato. In tale prospettiva medici e insegnanti non vengono più visti come i soggetti che aitano a perseguire l’obiettivo di guarire e di imparare davvero ma come possibili ostacoli al raggiungimento degli obiettivi. Se l’unica cosa che conta è il risultato ce la si prende contro chi sembra frapporsi all’ottenimento del risultato (es.: perché decide che uno studente debba ripetere l’anno) e non si pensa neanche un attimo al fatto che compito dell’insegnante non è promuovere in ogni caso con il massimo dei voti ma far capire come si studia per superare l’esame e, soprattutto, per diventare adulti e maturi. Se l’unica cosa che conta è il risultato, il medico deve guarire le persone in poco tempo e con poco sforzo e poco importa che tante patologie sono ancora (purtroppo) incurabili.
Di recente è stata emanata una legge che ha inasprito le pene nei confronti di chi ha aggredisce il personale scolastico (legge 4 marzo 2024, n. 25, “Modifiche agli articoli 61, 336 e 341-bis del Codice penale e altre disposizioni per la tutela della sicurezza del personale scolastico”). Il decreto-legge 1° ottobre 2024, n. 137 ha introdotto “Misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonché di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria”. Anche in questo caso è previsto un inasprimento delle pene per i violenti e, inoltre, è stato introdotto l’arresto in flagranza di reato anche differita per chi aggredisce un operatore sanitario. Vedremo se la risposta repressiva darà i frutti sperati.
Ma se tutto quello che abbiamo prima esposto ha fondamento, vuol dire che abbiamo un importante problema di natura culturale.
L’esplosione di violenza è spesso sintomo di fragilità. Per cui assistiamo al paradosso che persone sempre più fragili siano sempre più convinte di non aver bisogno di aiuto.
L’aiuto non serve a nulla se non viene chiesto. Ma come convincere che medici e insegnanti sono professioni di aiuto? Come insegnare alle persone a (ri)scoprire le cose di cui hanno davvero bisogno? Il problema culturale è questo.

 

l’Adige 4 novembre 2024

 

 

 

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